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16 Aprile 2024 - 08:42
NAPOLI. Giro di telefonini clandestini e droga nel carcere di Poggioreale, l’ex garante comunale dei detenuti Pietro Ioia e gli altri protagonisti dell’“affare” rinunciano ai motivi assolutori sull’accusa di corruzione e nel processo di secondo grado arrivano gli sconti. La seconda sezione della Corte d’appello di Napoli ha infatti rideterminato sei condanne: Pietro Ioia, 7 anni di reclusione; Vincenzo Castello, 5 anni e 4 mesi; Nicola Donzelli, 5 anni e 4 mesi, Antonio De Maria, 5 anni e 4 mesi; Sonia Guillari, 5 anni e 4 mesi, Maria Maresca Cardamone, 4 anni. Le altre pene sono state invece confermate. Premiato dunque il lavoro del collegio difensivo (avvocati Domenico dello Iacono, Marco Bernardo, Raffaele Minieri, Massimo De Marco e Massimo Trigari), che, dopo il verdetto di primo grado, è riuscito a ottenere il riconoscimento delle “generiche”. Le condanne inflitte a maggio scorso erano state infatti più consistenti. L’ex garante dei detenuti aveva rimediato 7 anni e 8 mesi di carcere, mentre Massimiliano Murolo aveva incassato 6 anni e 8 mesi; Sonia Guillari, 6 anni e 8 mesi; Nicola Donzelli, 8 anni; Maria Maresca Cardamone, 6 anni; Vincenzo Castello, 8 anni; Antonio De Maria, 8 anni. Nel corso del processo nessuno degli imputati, Ioia compreso, aveva ammesso gli addebiti: circostanza della quale il giudice di primo grado sembra aver tenuto molto conto, tant’è che il verdetto aveva rispecchiato in pieno le aspettative della pubblica accusa, la quale aveva invocato pene solo di poco superiori - tra i 6 e i 10 anni di carcere - rispetto a quelle poi inflitte. L’inchiesta che a ottobre 2022 scorso ha portato Pietro Ioia dietro le sbarre aveva svelato l’ennesimo “giro” illecito tra i padiglioni di Poggioreale: un affare con cifre a due zeri. L’allora garante dei detenuti avrebbe infatti percepito fino a 850 euro per ogni “pacco” consegnato. Il 14 giugno 2021 Guillari, grazie a un’intercettazione chiave, viene inquadrata insieme a Murolo come la figura preposta alla programmazione degli accessi del garante nel carcere di Poggioreale. Cardamone, consorte del detenuto Donzelli, avrebbe invece consegnato di volta in volta a Guillari i telefonini da introdurre nell’istituto e al contempo gestito le movimentazioni finanziarie del marito, di De Maria, figlio di uno storico capozona dei Contini, e di Castello, emergente ras della mala di Pianura. Non tutto però è sempre filato liscio. Lo stesso Pietro Ioia, nel corso della stessa telefonata, spiegava all’interlocutrice: «Ma noi glieli possiamo dare divisi i telefoni... perché se sta il detector io glieli do, quelli se li prende e passa perché è roba che non suona, tu vedi, io me li metto in culo, lo faccio per il detector della porta centrale, hai capito? Però il telefonino può suonare, perché poi lo tengono nuovo quel coso». Parole scottanti, che di lì a pochi mesi ne avrebbero fatto scattare l’arresto, spazzando via il sogno del riscatto sociale. E non è un caso che proprio Ioia, che non ha mai ammesso le proprie responsabilità, abbia rimediato la condanna più pesante.
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