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01 Maggio 2024 - 12:02
Innocente ucciso e sciolto nell’acido, errore procedurale del pm: atti inutilizzabili. Trappola mortale a Pianura: “nulle” le accuse dei nuovi pentiti al ras del clan Polverino Raffaele D’Alterio
NAPOLI. I nuovi atti di indagine non erano utilizzabili e il presunto esecutore materiale dell’omicidio dell’innocente Giulio Giaccio evita, almeno per il momento, la stangata. È un colpo di scena a dir poco clamoroso, quello di cui ha beneficiato ieri mattina il ras del clan Polverino Raffaele D’Alterio, accusato di aver esploso il colpo di pistola dritto alla nuca del 26enne di Pianura assassinato il 30 luglio del 2000 e poi sciolto nell’acido per un maledetto scambio di persona.
Il giudice per le indagini preliminari ha infatti accolto l’istanza del difensore di D’Alterio, l’avvocato Domenico Dello Iacono, il quale ha sostenuto e dimostrato che, al momento della riapertura dell’inchiesta, archiviata fino al 2022, il pubblico ministero non aveva presentato al gip la necessaria richiesta preliminare. Da qui la decisione del giudice di dichiarare non utilizzabili le dichiarazioni dei nei pentiti Giuseppe Simioli e Giuseppe Ruggiero, sulla scorta delle quali a fine marzo era stato arrestato il presunto killer.
L’aiuto agli inquirenti lo aveva fornito soprattutto Ruggiero, ex affiliato di spicco al gruppo di Marano, le cui dichiarazioni hanno portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di Raffaele D’Alterio, Luigi De Cristofaro “’o mellone” e Salvatore Simioli “’o sciacallo”. Secondo l’accusa, il primo avrebbe sparato alla nuca del giovane sequestrato dai malviventi fintisi carabinieri con gli altri due a bordo di una “Punto” rossa rubata. Con loro c’era anche Roberto Perrone, altro collaboratore di giustizia, reo confesso. La sfortuna nera di assomigliare a un coetaneo che frequentava la sorella di un ras del clan Polverino costò la vita a Giulio Giaccio, scomparso il 30 luglio 2000, il cui corpo fu sciolto nell’acido.
Salvatore Cammarota era contrario alla relazione e avrebbe ordinato il delitto: un movente e una dinamica incredibili, tanto più che i sicari cercavano un tale “Salvatore” e furono tratti in errore dall’informazione di un amico, anch’egli vicino al gruppo malavitoso di Marano, che indicò loro il muratore fermo in piazzetta Romani su una moto. Caricato in auto con la scusa di un controllo in commissariato, l’incensurato fu ucciso durante il tragitto. Una storia orribile per la quale il 21 dicembre 2022 ricevettero la notifica di una misura cautelare in carcere rispettivamente a L’Aquila e a Livorno (dove si trovavano per altri reati) Salvatore Cammarota, genero di Antonio Polverino “Zì Totonno”, e lo zio Carlo Nappi “’o sparviero”, storico esponente di spicco del clan.
A partecipare alla fase esecutiva, ma senza sparare, c’era anche Roberto Perrone, detto “Paperone”, poi diventato collaboratore di giustizia. Proprio lui per primo ha parlato della lupara bianca e man mano i carabinieri del nucleo Investigativo hanno stretto il cerchio intorno ai responsabili. I pentiti hanno fatto anche i nomi di Raffaele D’Alterio, Luigi De Cristofaro e Salvatore Simioli, per i quali servivano ulteriori riscontri emersi con le recenti dichiarazioni di Ruggiero. Accuse però non utilizzabili.
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