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09 Maggio 2024 - 09:03
Omicidio Lausi, cold case verso la prima sentenza: rischiano Mazzarella e Barile. “Pirulino” fu assassinato per essersi impossessato di 100 milioni di lire
NAPOLI. Regolamento di conti con delitto per un ammanco di denaro dalle casse del clan, la procura antimafia chiede la condanna dei boss Michele Mazzarella e Salvatore Barile, accusati a vario titolo di essere responsabili dell’omicidio di Salvatore Lausi, assassinato il 6 ottobre 2002 in via Vergini. Per i due imputati eccellenti, il pm ha invocato 30 anni di reclusione a testa. Sembra dunque sfumare per Mazzarella e Barile l’ipotesi di andare incontro alla pena dell’ergastolo. Sia Mazzarella che Barile avevano chiesto di essere processati con la formula del rito abbreviato condizionato all’esame del super pentito Salvatore Giuliano “’o russo”.
Il gip Luca Rossetti a ottobre scorso aveva però respinto l’istanza avanzata da Michele Mazzarella, che sarà dunque giudicato con l’abbreviato “secco”. Esito diverso per Barile, difeso dagli avvocati Leopoldo Perone e Domenico Dello Iacono, che puntava così, grazie all’acquisizione della nuova prova, a un possibile ribaltamento del quadro indiziario: Giuliano è infatti uno dei principali accusatori dei due ras. Salvatore Lausi detto “Pirulino”, ucciso in via Vergini il 6 ottobre 2002, sarebbe stato ammazzato perché aveva fatto sparire 100 milioni di lire destinati alle casse del clan. Così Michele Mazzarella (figlio del boss Vincenzo), profondamente insoddisfatto dell’operato del collettore di tangenti per Forcella, dal carcere avrebbe dato ordine al cugino Salvatore Barile di ucciderlo. Lo zio Gennaro Mazzarella “’o schizzo” (poi scagionato e uscito dall’inchiesta), in quel periodo libero, avrebbe organizzato l’agguato informandosi poi sull’esito: quest’ultima circostanza è stata però poi smentita. Mentre esecutori materiali furono Ciro Giovanni Spirito, unico a sparare, e Vincenzo De Bernardo “Pisello” (nel frattempo deceduti), entrati in azione nel raid di via Vergini.
Le indagini, rielaborando l’attività di intercettazione in parallelo ai riscontri alle dichiarazioni di ben 23 collaboratori di giustizia, hanno consentito di chiarire che l’omicidio costituì un’epurazione interna. Lausi era l’incaricato a riscuotere le estorsioni nei quartieri Forcella, Maddalena e Sanità. Oltre all’ammanco di 100 milioni di lire, “Pirulino” pagato anche per aver intrecciato rapporti sempre più stretti con i Misso, circostanza che fu interpretata come volontà di allontanarsi dai Mazzarella. Infine, si era impossessato di un orologio di valore di un altro associato, sottraendoglielo con forza. Lausi era consapevole del pericolo che correva per i 100 milioni di lire che non aveva consegnato al suo clan. Il giorno in cui fu ucciso aveva addosso circa 1.000 euro (nel frattempo c’era stato il passaggio lira-euro) mentre a casa nella successiva perquisizione furono trovati altri 22mila euro. Inoltre le forze dell’ordine scoprirono una pistola, a dimostrazione che temeva per la propria incolumità. Alcuni congiunti volevano aiutarlo vendendo una proprietà e probabilmente lui aveva recuperato un po’ di denaro. Ma troppo tardi: a mezzanotte i due sicari non gli lasciarono scampo.
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