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Pizza e camorra, fari puntati sui beni occulti di Di Caprio

Pizza e camorra, fari puntati sui beni occulti di Di Caprio

Operazione antiriciclaggio, decisiva l’intercettazione tra la moglie e la commercialista. L’intestazione fittizia ad un’agenzia di viaggi tra i beni sequestrati

NAPOLI. C’è anche un’agenzia di viaggi in via Duomo tra i beni sequestrati nell’operazione ribattezzata “Pizza connection”, che vede come indagate 5 persone: un affiliato ai Contini, un imprenditore rampante molto attivo sui social, la moglie di quest’ultimo, la commercialista che lo seguiva e un funzionario di polizia con un passato di brillante investigatore. Secondo l’accusa ci sarebbe Massimiliano Di Caprio, come gestore occulto, dietro “i Viaggi di Maria”, attività formalmente intestata a una donna incensurata. Cosicché attraverso intercettazioni telefoniche e attività tecniche i finanzieri del Gico di Napoli (con il colonnello Danilo Toma) hanno acquisito indizi ritenuti sufficienti a far scattare il provvedimento. Com’è accaduto per la altre società finite nel mirino della procura di Napoli, a cominciare da quella che gestiva la pizzeria “Dal Presidente”, famosa per la margherita preparata per Bill Clinton durante l’unica sua visita in città.

A far capire agli investigatori della Guardia di Finanza che il gestore di fatto dell’agenzia era “Massimo a’ capretta”, cognato di Vincenzo Capozzoli detto “Enzuccio a’ miseria” legato ai Contini, è stata in particolare una conversazione tra Deborah Capasso e la commercialista Giulia Nappo (entrambe indagate e da ritenere innocenti fino all’eventuale condanna definitiva, così come Capozzoli, Di Caprio e Guido Albano). La prima, moglie separata non formalmente da Di Caprio, parlava con la professionista della nuova compagna del marito e dell'agenzia di viaggi. “Massimiliano gli ha aperto un’agenzia di viaggi…in via Duomo…è una catena e sta in tanti posti… su Instagram ci sono le foto di tutt’e due…la compagna ha i capelli ricci”.

Poi la donna con Giulia Nappo parla anche di altro, che però non è contestato come reato nell’ordinanza di custodia cautelare. “Comunque Massimo non si stanca di fare le cattiverie…però lui le cattiverie non le vuole da nessuno, pure con l’agenzia di viaggi qua fuori di quel ragazzo, dove lavora Maria…è normale che ha chiuso, quello andò a minacciarlo….(incomprensibile)…scusate quello è un bravo ragazzo, lavora onestamente e andava a picchiarlo ogni tanto”. L’attività investigativa avrebbe permesso di accertare l’intestazione fittizia a Deborah Capasso di due società operanti nel settore della ristorazione e panificazione per agevolare il raggiungimento di finalità illecite e per il sostentamento dei detenuti del clan e delle rispettive famiglie.

L’impresa di ristorazione, che gestiva la pizzeria ai Decumani, sarebbe stata acquistata grazie all’apporto economico e alla “protezione” fornita da Vincenzo Capozzoli, alla cui famiglia secondo l’accusa era destinata una parte dei relativi proventi anche dopo la sua detenzione conseguente ad una condanna per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Un’inchiesta importante con l’ombra del clan Contini quella culminata negli arresti dell’altro ieri, per autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori, aggravati dal metodo mafioso.

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