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Bimbo ucciso, il padre: «Lei sta ingannando tutti»

Bimbo ucciso, il padre: «Lei sta ingannando tutti»

I periti giudicano la Adalgisa Gamba “incapace di intendere”, ma il marito rifiuta la perizia e la accusa: «È un mostro»

TORRE DEL GRECO. La madre era incapace di occuparsi del bambino e per questo lo avrebbe ucciso. Ma il papà del piccolo Francesco, trovato annegato in mare tra le braccia della donna, la sera del 2 gennaio 2022, non ammette che il gesto della moglie possa essere scaturito da una “psicosi temporanea”, così come sostengono i tre periti nominati dalla Corte d’assise di Napoli. Anzi, Elio, papà del bambino, si scaglia contro la di lei e afferma: «Io voglio solo giustizia per mio figlio, chi toglie la vita deve essere punito. C’è premeditazione, c’è volontarietà, c’è capacità d’intendere e di volere. E lei ha ingannato me, suo figlio e adesso anche i consulenti».

Si è svolta ieri l’udienza del processo a carico di Adalgisa Gamba, da due anni detenuta nel carcere femminile di Pozzuoli, accusata del presunto omicidio del bambino. La difesa ha puntato tutto sulla temporanea incapacità di intendere e di volere della donna, e sulle colpe della famiglia, assente nei suoi doveri di sostenerla per le sue angosce dovute alla paura che il piccolo fosse gravemente malato di autismo. «Quando muore un bambino, la società in primis e la famiglia si devono sempre mettere in discussione: un bambino non è solo di una madre ma è di una madre e di un padre. E se una madre sta talmente male da non essere in grado di occuparsene la responsabilità non è solo sua» ha detto la dottoressa Alessandra Bramante, consulente dell’avvocato Salvatore Del Giudice, legale di Adalgisa Gamba.

La mamma del piccolo Francesco temeva che il bambino fosse malato, così come lo erano la madre e il padre, quest’ultimo finito in cura in un ospedale psichiatrico. Adalgisa, secondo i periti, non può essere ritenuta responsabile della morte di suo figlio. Durante il processo, più volte e da più parti, è stato sottolineato che non esistono diagnosi in tal senso e che proprio il timore che il piccolo potesse essere malato, affiancato da alcuni sui comportamenti male interpretati, avrebbe innescato ansia, angoscia e infine la psicosi reattiva breve, sfociata drammaticamente nell’omicidio del piccolo. Il marito della donna replica: «Io spenderò la mia vita per dare giustizia a mio figlio e ringrazio la Procura di Torre Annunziata per il grande sforzo che sta facendo. Leinon aveva mai voluto quel bambino. Voleva simulare un incidente e continuare a vivere normalmente. Ha simulato tutto, quello è un atto volontario, non voleva un figlio maschio. Aspettò che io uscissi di casa per prendere il bambino e portarlo sulla spiaggia. Non avrebbe mai portato il bimbo al parco il 2 gennaio, di sera. Lei è un mostro, non è una vittima. La vittima era solo mio figlio, a cui è stata spezzata la vita a due anni e mezzo». .

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