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18 Maggio 2024 - 08:46
Trenta minuti per respingere, punto su punto, ogni addebito. Vincenzo Capozzoli, alias “’a miseria”, referente del clan Contini nella zona del Borgo Sant’Antonio Abate, non ci sta e, dopo la retata in cui è incappato lunedì mattina, decide di rispondere alle domande di gip e pm spiegando che, a suo dire, non si sarebbe mai interessato agli affari dell’ormai ex cognato Massimiliano Di Caprio, anch’egli finito in manette, titolare della pizzeria dei Decumani “Dal Presidente”. Capozzoli, difeso dall’avvocato Claudio Davino, ha spiegato di non avere da tempo rapporti con Di Caprio, il cui legame si sarebbe incrinato in maniere irreparabile e al quale non avrebbe mai dato denaro da investire nella sua attività. L’ex consorte di Di Caprio, Deborah Capasso, assistita dall’avvocato Leopoldo Perone, e lo stesso ristoratore, difeso invece dal penalista Fabio Visco, hanno invece deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere. Calato il sipario sugli interrogatori di garanzia, la palla passerà nei prossimi giorni al tribunale del Riesame, chiamato a valutare per i tre indagati l’effettiva gravità del quadro indiziario e le esigenze cautelari. Agli atti restano però le accuse spiccate, soprattutto nei confronti di Di Caprio e Capozzoli, da una sfilza di pentiti, oltre che decine di intercettazioni ambientali telefoniche, soprattutto quelle che hanno visto protagonista Capasso e la commercialista Giulia Nappo, anch’essa coinvolta nell’inchiesta e finita ai domiciliari. L’indagine condotta dalla guardia di finanza aveva portato all’esecuzione di cinque arresti e al sequestro di diverse società, tra cui un’agenzia di viaggi e la nota pizzeria di via dei Tribunali “Dal Presidente”. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Di Caprio, ormai dieci anni fa, avrebbe rivelato l’attività utilizzando capitali di provenienza illecita, forniti in particolare dal clan Contini, organizzazione di cui “Enzuccio ’a miseria” sarebbe uno dei principali referenti.
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