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29 Maggio 2024 - 09:12
«La fossa è piena di pezze (scarti tessili, ndr). È meglio se ci fermiamo un mesetto, portiamo la mala nominata». Così, grazie a questa e altre centinaia di conversazioni intercettate, è emerso il business dello smaltimento illecito dei rifiuti nella provincia di Napoli. Uno sporco affare che coinvolgeva 12 persone tra amministratori di società, autisti di camion e operai dell’impianto di sversatoio di Tufino, epicentro delle manovre dell’organizzazione con a capo Michele Salvatore Esposito e Giuseppe D’Elia. C’era anche un contorno per arrotondare i guadagni: il furto delle bobine in ferro. Parte lesa nella vicenda per circa 500mila euro è la Sapna, partecipata della Città Metropolitana di Napoli che gestisce il ciclo integrato dei rifiuti solidi urbani. L’indagine è stata condotta dai carabinieri del Gruppo per la Tutela ambientale e della sicurezza energetica di Napoli, unitamente ai colleghi dei Comandi provinciali territorialmente competenti, coordinati dalla procura partenopea. I militari all’alba di ieri hanno eseguito ordinanza di custodia cautelare nei confronti dei 12 indagati, ritenuti responsabili a seconda delle varie posizioni di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, furto aggravato ai danni della Città Metropolitana di Napoli e corruzione. I carabinieri del Noe di Napoli hanno lavorato per sei mesi a partire gennaio 2023 con molteplici attività tecniche classiche e moderne: intercettazioni di conversazioni, video riprese e pedinamenti. Così il reparto speciale dell’Arma ha accertato l’esistenza di una associazione che aveva organizzato, nei minimi dettagli e sempre con il medesimo “modus operandi” un’attività di smaltimento illecito di rifiuti speciali di provenienza industriale. Ciò avveniva, circostanza ancora più grave, in un impianto pubblico e a spese dell’ente pubblico, cioè della collettività. Come ha sottolineato il colonnello Pasquale Starace, comandante del Gruppo tutela ambientale e sicurezza energetica: «È un fenomeno criminale che non conosce pause. Ingenti quantitativi di rifiuti industriali sono stati smaltiti ai danni della Sapna grazie alla compiacenza ben remunerata di alcuni dipendenti pubblici». L’agire degli indagati (da ritenere innocenti fino all’eventuale condanna definitiva) era consolidato: gli autisti delle due società aggiudicatarie di appalti per la raccolta di rifiuti urbani in alcuni paesi vesuviani, fungevano da tramite tra i produttori di rifiuti speciali e gli operai addetti alla gestione dei rifiuti all’interno dello Stir, nella gestione dell’illecito traffico. Il tutto finalizzato all’esigenza dei privati di smaltire illecitamente i loro rifiuti, conseguendo un significativo risparmio in termini economici mentre consentiva ai dipendenti pubblici collusi di intascare profumate mazzette, in cambio del servizio reso. Essenziale il ruolo di alcuni addetti al Tmb di Tufino, perfettamente organizzati per bypassare il rigido sistema di controllo previsto dalla Sapna, e consentire ai conducenti dei mezzi di operare indisturbati.
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