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05 Giugno 2024 - 08:44
NAPOLI. È da brividi l’elenco delle sostanze contaminanti, riscontrate in valori superiori alle concentrazioni soglia, scoperte nella ex cava Suarez (nella foto), diventata una discarica abusiva di livello industriale. Ha compiuto un lavoro encomiabile la task force composta da carabinieri del Noe, finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria e polizia locale di Napoli. Non soltanto gli operatori, coordinati dalla procura, sono risaliti all’imprenditore Bruno Sansone, ma hanno anche scoperchiato un vaso di Pandora. Basta leggere gli elementi inquinanti trovati nello sversatoio abusivo, tali da giustificare l’accusa di disastro ambientale a carico del 49enne originario di Marano ora agli arresti domiciliari (ferma restando, come per tutti gli indagati, la presunzione d’innocenza fino all’eventuale condanna definitiva). L’elenco è lungo delle sostanze nocive è lungo e dettagliato: amianto frantumato, piombo, rame, zinco, idrocarburi pesanti e policiclici, arsenico, cadmio, cromo, mercurio, nichel, solfati, benzoantracete, dibenzopirene e altre meno note. La condotta dell’imprenditore, si legge in un comunicato stampa, «avrebbe contribuito ad alterare l’equilibrio naturale del sito in esame, rimediabile solo con interventi particolarmente onerosi ed eccezionali, determinando una significativa offesa alla pubblica incolumità per via dell’inquinamento dell’area e dell’esposizione al pericolo di un numero considerevole di persone, trattandosi di zona densamente urbanizzata». Per capire la portata dell’inquinamento nella cava gli inquirenti sottolineano un dato sula spazzatura scaricata dalla ditta sotto inchiesta, tra cui c’erano anche gli scarti degli scavi per la stazione della metropolitana di Capodichino. Il volume dei rifiuti illecitamente smaltiti, come valutato da una consulente che è docente universitaria di Geologia ambientale, è pari a quello di un edificio con una base di 90 metri per 90 metri e un’altezza di ben sette piani. Ecco perché il giudice per le indagini preliminari Antonio Baldassarre ha disposto anche il sequestro di autocarri e macchine riconducibili all’imprenditore su richiesta dei pubblici ministeri della sezione “Ambiente Edilizia Urbanistica” della procura partenopea.
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