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14 Settembre 2017 - 15:50
La decisione di non attendete la fine del processo è giunta all’esito di una approfondita attività difensiva svolta dall’avvocato Dario Vannetiello del foro di Napoli
NAPOLI. Nel mega-processo che vede coinvolte ben 168 persone accusate a vario titolo e ritenute appartenenti o in affari con il clan Contini, martedì è intervenuta una decisione inusuale. Il Tribunale di Napoli, Prima sezione penale, presieduto da Marco Occhiofino con a latere i Valeria Bove e Pierangelo Cirillo, prima della fine del processo, ha assolto anticipatamente Giovanni Covino, uno dei 93 imputati che hanno optato per il giudizio ordinario, noto imprenditore sannita del settore dell’oreficeria, commerciante di oro e preziosi all’ingrosso e al dettaglio. L’accusa era di aver ricettato un notevole numero di orologi di valore e un numero elevato di pietre preziose di notevole valore, tutti di origine delittuosa.
Le fonti di prove a carico dell’insospettabile e incensurato imprenditore erano rappresentate da intercettazioni ambientali ove, secondo gli inquirenti, persone ritenute appartenenti al clan Contini avrebbero riferito di un coinvolgimento dell’imprenditore nella ricettazione di beni di valore. In aggiunta, gli inquirenti ritenevano che il noto commerciante avesse partecipato ad una riunione negli uffici di un soggetto ritenuto essere al vertice di una associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione di orologi e pietre preziose di irregolare provenienza. La decisione di non attendete la fine del processo ma di assolvere anticipatamente è giunta all’esito di una approfondita attività difensiva svolta dall’avvocato Dario Vannetiello (nella foto) del foro di Napoli. Il penalista ha innanzitutto dimostrato che il contenuto delle intercettazioni ritenute indizianti era differente rispetto a quello trascritto dagli inquirenti durante la fase delle indagini. Ma il colpo di grazia alla ricostruzione accusatoria è avvenuto quando, anche alla luce di una recentissima attività di indagine, è stato dimostrato che la voce intercettata non era appartenente a quella dell’accusato. Ciò è stato dimostrato confrontando la voce intercettata nel corso delle indagini con la voce dell’imprenditore registrata di recente nel processo allorquando rispondeva alle domande del pubblico ministero. Così la difesa è riuscita a dimostrare che il proprio assistito non è stato mai presente alle sospette riunioni intercorse tra coloro che, secondo il teorema accusatorio, ricettavano oggetti preziosi in grande quantità. Il collegio giudicante ha dovuto prendere atto della fondatezza dei rilievi formulati dall’avvocato Vannetiello e accogliere la richiesta di mandarlo assolto subito, senza attendere la fine del processo, evitando il pregiudizio e la connessa ansia di avere la pendenza di un grave procedimento a carico. Così termina la fine di un incubo vissuto dal noto imprenditore sannita che potrà continuare a svolgere con serenità la sua attività imprenditoriale, dimostrando di essere completamente illibato nonostante le penetranti indagini effettuate nei suoi confronti dalla Direzione distrettuale antimafia.
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