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10 Gennaio 2018 - 14:36
Un doppio lutto per il giornalismo napoletano
Dire oggi che è in lutto il mondo del giornalismo napoletano per le scomparse, nell’arco di poche ore l’una dall’altra, della signora Nives Crescitelli Genovese, segretaria ineguagliabile dell’Ordine dei Giornalisti ai tempi della mitica sede della Casina del Boschetto in Villa Comunale, spentasi alla vigilia dei 94 anni, e di Gianni Filosa, storico cronista capo del glorioso “Roma” di Achille Lauro, che ci ha lasciato a 85 anni, non potrà mai rendere appieno la profondità del cordoglio, del dolore, che proviamo di fronte a questi due tristissimi addii. Con loro se ne va uno dei periodi più intensi e vivaci del giornalismo napoletano, in cui ciascuno - pur se con distinti ruoli e compiti - si è caratterizzato per la propria personalità, un carattere distintivo, difficile da dimenticare perché fatto di particolare dedizione. Di solito in ricordi, in omaggi, come questi di indicibile tristezza, taluni titoli come “signora o dottore” vengono omessi per meglio esprimere una familiarità, una vicinanza di rapporti. Noi, parlando di Nives Crescitelli, abbiamo di proposito voluto far precedere “Signora” al suo nome molto popolare e amatissimo, perché lei è stata ed è rimasta per tutti, anche quando era andata in pensione, sempre la inconfondibile, irripetibile “Signora Crescitelli”. Una istituzione, lo si può dire senza ipocrisie. Due parole che ne definivano l’amabilità della persona, del suo riconosciuto ruolo di riferimento: vivace, di un’avvenenza che portava senza ostentazione ma lasciava ammirati, di un carattere spesso anche spigoloso e di umore mutevole - fino a doverne anche accettare pazientemente le sue famose “sfuriate”, che si concludevano con una cordiale risata - è stata sempre una “prima donna” dal cuore grandissimo e dai più nobili sentimenti. Animata dal grande senso del dovere, da un forte spirito di servizio verso la nostra categoria, per la quale ebbe sempre un rispetto infinito, anche essendone diventata una figura molto importante; oggi è tutta questa sua ricchezza umana a renderla ancora più cara e indimenticabile nei nostri ricordi per signorilità e affabilità. Il mio ricordo personale va, comunque, al di là della sua carica all’interno dell’Ordine dei Giornalisti. E risale a quando ragazzino giocavo sulla sabbia del Bagno Savoia di via Acton con il figlio Renato, mentre mamma Nives, abbronzatissima come sempre, ci teneva sotto controllo con la sua presenza autoritaria. Andrò a salutarla questa mattina alle 11 nella chiesa degli Artisti in piazza Trieste e Trento, a pochi passi dalla sua abitazione, dove ha vissuto sin dal giorno del matrimonio con quel signor avvocato che fu Pietro Genovese, di Altavilla Irpina.
Ma un dolore, purtroppo, ne porta un altro. Che dire di Gianni Filosa, della sua scomparsa? Quello che si può e si deve dire è che fu un ottimo collega, apprezzato da tutti, nato cronista come narratore quotidiano della vita di una città e rimasto sempre tale - grazie a una passione professionale senza eguali - a lungo al vertice, come cronista capo del glorioso “Roma” del Comandante in via Marina, di una coraggiosa pattuglia di un giornalismo garibaldino. Erede di figure di primo piano in quel ruolo, in cui si avvicendarono personaggi come Giovanni Romeo, Bruno Stocchetti, Aldo Gianfreda, Sandro Calenda, seppe dare alla cronaca una particolare vivacità, corredando il racconto dei fatti del giorno anche con qualche nota satirica e di costume.
La nascita delle Regioni, agl’inizi degli anni Settanta, arricchì le pagine di cronaca di ulteriori informazioni ma Gianni seppe renderle ancora più interessanti con il ricorso sempre più frequente alle interviste, che vedeva come lo strumento più diretto per essere obiettivi, facendo parlare direttamente i protagonisti. Fu negli anni successivi, frequentando spesso la cronaca, che ebbi, però, modo di apprezzarne molto il carattere scherzoso, mai drammatizzante, un pregio per chi fa un lavoro in cui la quotidianità non è sempre rose e fiori. Non c’era conversazione che non si chiudesse con una delle sue battute, che gli venivano spontanee. Ricordo che una volta, sotto Natale, in uno dei tanti anni, in cui il nostro Paese si dibatteva tra difficoltà economiche, si discuteva davanti al direttore Alberto Giovannini su come titolare un articolo riguardante taglio e riduzione della tredicesima. C’era chi suggeriva “scure sulla tredicesima” e chi “taglio”. Alla fine Gianni chiuse ogni discorso e disse: «Poiché anche lo spazio non ci consente un grande titolo, chiamiamola: “Crisicesima”». E tutto si chiuse con un applauso. Il giornalismo era anche questo: una estemporaneità originale. Poi ancora la sua grande passione per il basket con articoli puntigliosi sulla Partenope di Gavagnin e Maggetti, l’impegno negli organismi di categoria, in particolare a livello sindacale, e la grande voglia di tenere in vita il rinato “Napolinotte”, al fianco dei suoi amici Genny Bruzzano e Franco Landolfo.
Altri tempi, in cui i rapporti avevano altro calore, il nostro mestiere non ha più tempo per riflettere, per pensare e anche la scomparsa di figure come la “Signora Crescitelli” e Gianni Filosa (i funerali si terranno oggi alle 16,30 a Portici, nella Chiesa di Santa Maria del Buon Consiglio di corso Garibaldi) ci rende più poveri di riferimenti e di buone memorie. Vi accompagni il nostro affetto, per quello che ciascuno di Voi ci ha dato e che resta indimenticabile.
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