«Io come Giada, ho mentito sulla laurea e sono rimasto solo»
12 Aprile 2018 - 12:47
La toccante lettera di uno studente 27enne al Roma dopo il suicidio della ragazza a Monte Sant'Angelo
Da uno studente universitario riceviamo e pubblichiamo
Io non conoscevo Giada eppure, mentre le invitava genitori ed amici alla sua finta laurea, conosco bene cosa ha provato perché sono in una situazione tragicamente simile. Ho 27 anni e studio Medicina all’Università “Federico II”, ho una media alta ma mi mancano ancora parecchi esami. Questo è quello che avrei dovuto dire ai miei amici e compagni di studio quando mi veniva chiesto, ma anche io come Giada ho preferito mentire e rimandare il più possibile il momento della verità. A differenza sua, io sono sempre stato sincero con i miei genitori, ma non sono riuscito ad esserlo con i miei amici e con il mio relatore. Io non sono una vittima. Io ho mentito a numerose persone e nessuno può capire il senso di vergogna, disagio e dolore che si prova mentre l’ho fatto. Ero conscio di creare un castello di carte che sarebbe potuto crollare da un momento all’altro, ma ho preferito continuare piuttosto che dire ciò che andava detto. Per fortuna o purtroppo, dipende dai punti di vista, a differenza di Giada la verità sulla mia carriera universitaria è venuta a galla prima e, insieme alle bugie che avevo raccontato, sono state aggiunte tante cose non corrette che mi hanno costretto a lasciare l'ambiente in cui ero. Quelle stesse persone che oggi mettono dei “mi piace” o condividono i post di dolore per ciò che è accaduto qualche giorno fa a Monte Sant’Angelo, ferite dalle bugie che avevo raccontato loro, hanno deciso che dovessi essere ricambiato con la stessa moneta: hanno ideato un castello di inesattezze sul mio conto che hanno rovinato per sempre la mia figura in questo Ateneo. Nonostante le mie scuse e le pubbliche ammissioni di colpa, nonostante vorrei tanto replicare e far valere il fatto che non tutto ciò che oggi si dice sul mio conto è vero, non posso. Non perché io sia morto come ha deciso di morire Giada, ma perché nessuno crede ad una persona che ha mentito per un anno. La mia "unica" colpa è di aver affrontato questa cosa nel modo sbagliato, decidendo di mentire piuttosto che chiedere aiuto. La mia vergogna mi ha fatto perdere tutti e adesso devo ricominciare, perché attorno a me è stata fatta terra bruciata. È vero, io non ho mai chiesto aiuto. È vero, io ho mentito ai miei amici. È vero io ho sbagliato. La verità è venuta a galla in un processo pubblico, dove purtroppo difendermi era come cercare di farsi capire a gesti da dei ciechi. E poi le tante cose, personali, inesatte e parziali che sono state aggiunte su di me, la mia persona e il mio modo di vivere. Oggi quello che resta è l’umiliazione di aver mentito e il dispiacere che particolari non rilevanti e non veri fossero divulgati a tutti, solo per screditarmi ulteriormente. Scrivo questa lettera non perché cerco solidarietà. Il mio è un invito a riflettere sul fatto che in certi momenti siamo tutti bravi a mostrare solidarietà, però se una cosa ferisce noi siamo i primi a girare le spalle a chi ha un problema e ci ha mentito. E quindi mi chiedo: fino a quanto siamo davvero disposti a perdonare qualcuno? Ad oggi non sento più nessuno di quelli che consideravo miei amici. Ad oggi non ho più un relatore. Ad oggi non ho più un futuro in questa facoltà e, al mio prossimo esame, vivrò l’ansia di chi sa di avere tutti contro per aver mentito. Gli errori si fanno, alcuni li pagano con la vita come Giada, altri li pagano continuando a vivere con gli incubi, nel panico e nel disagio.
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