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29 Maggio 2018 - 19:56
Chiuse le indagini per Ciro Guarente: «Comprò anche i fuochi d’artificio»
NAPOLI. Il pubblico ministero Vittoria Petronella ha chiuso le indagini preliminari sul delitto di Vincenzo Ruggiero, il 25enne, attivista gay assassinato il 7 luglio in un appartamento di Aversa. In carcere, accusato di omicidio premeditato e vilipendio di cadavere, un ex militare, Ciro Guarente, il quale avrebbe assassinato Ruggiero per gelosia, in quanto riteneva che fosse invaghito della sua compagna, la transessuale Heven Grimaldi. Nel capo di imputazione contesta a Ruggiero ci sono raccontante tutte le fasi che hanno portato al tragico omicidio, ma soprattutto alla soppressione di cadavere da film horror. «È stato tranciato di netto in due parti con una accetta praticando un taglio all’altezza della terza-quarta vertebra lombare, amputava l’arto superiore destro e alcune dita della mano sinistra, praticava un profondo taglio lungo lo sterno in senso longitudinale e all’esito sistemava il cadavere così sezionato all’interno di un armadio vuoto adagiato orizzontalmente sul pavimento dio un box all’interno dell’autolavaggio a mano e autorimessa». La testa di Ruggiero non fumai ritrovata e il pm ipotizza che sia stata spappolato a colpi di fucile a pallettoni «che l’avrebbe sminuzzata in più parti». Ma il vilipendio del cadavere, così come si legge nel capo di imputazione, non finì lì. «Riempì il cadavere di acido così da far sciogliere gli organi interne. Poi alcuni giorno dopo tornò a ricompattare ciò che era rimasto per costruire, con il cemento a presa rapida, uno scalino». Con lui è imputato un altro uomo: Francesco De Turris, pregiudicato del quartiere di Ponticelli, zona orientale di Napoli, dove fu ritrovato il cadavere sezionato. È stato lui a fornirgli la pistola, una calibro 7,65, con la quale lo uccise sparando tre colpi: «mentre era in ginocchio in senso di difesa per proteggersi dai colpi». La pagò 500 euro. Un ultimo particolare drammatico è rappresentato dal tentativo dell’uomo di coprire il rumore degli spari. Chiese ad un altro complice di esplodere fuochi d’artificio mentre lui faceva fuoco e uccideva Vincenzo. Difeso dall’avvocato Dario Cuomo, non ha mai parlato di questo delitto con lucidità e a ha cercato sempre di dare informazioni parziali. Sulla testa non aveva mai detto nulla perché sperava che non capissero come era andata veramente a finire. E invece, dopo mesi e mesi di indagini e dopo i rilievi della balistica e i rilievi su quello che restava del corpo dell’uomo si è arrivati ad ipotizzare che la stea non l’hanno ritrovata perché fatta esplodere. Potrebbe scegliere il rito abbreviato vista la mole di prove contro di lui ma questo non gli consentirebbe di avere uno sconto di pena consistente viste tutte le aggravanti che sono contestate dal pm nell’avviso di chiusura delle indagini.
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