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Fuori il ras dei Lo Russo, trema la "mala" di Miano

Fuori il ras dei Lo Russo, trema la "mala" di Miano

Fine pena per Pasquale Angelotti, “'o cecato": è di nuovo a piede libero

di Luigi Nicolosi

NAPOLI. Una scarcerazione eccellente, che rischia di spalancare le porte a scenari imprevedibili all’interno degli equilibri di camorra del quartiere Miano. Da ieri mattina Pasquale Angellotti, alias “Linuccio ’o cecato”, nonché presunto reggente del clan Lo Russo, è di nuovo un uomo libero. Il ras di Napoli Nord, ex uomo di punta del gruppo di fuoco dei “capitoni” di via Janfolla, ha infatti finito di scontare la condanna a otto anni di reclusione per associazione di stampo mafioso e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

IL RAS TORNA LIBERO. A disporre la scarcerazione di Angellotti sono stati i giudici della Quarta sezione della Corte d’appello di Napoli, i quali hanno dunque accolto l’istanza dell’avvocato difensore Raffaele Chiummariello. Con la decisione maturata ieri cala momentaneamente il sipario sull’iter processuale che ha visto fin qui protagonista il presunto ras di Miano. “’O cecato” era tra l’altro già reduce da una lunga serie di verdetti favorevoli. Imputato per 416 bis e 74, l’estate scorsa Angellotti aveva ottenuto in Cassazione un clamoroso annullamento della sentenza con rinvio in Corte d’appello. I giudici di secondo grado, recependo le indicazione della Suprema corte, avevano quindi rimodulato al ribasso la pena: appena otto di reclusione. Il procuratore generale decide a sua volta di non mollare la presa e presenta un nuovo ricorso per Cassazione. Nel frattempo però Angellotti, detenuto dal 2011, è stato non soltanto scagionato ma ha anche scontato gli otto anni che gli erano stati inflitti in appello. Da qui l’inevitabile decisione di rimetterlo in libertà. “Linuccio ’o cecato” da ieri mattina ha potuto così lasciare gli arresti domiciliari ai quali si trovava ristretto dall’estate scorsa. Vale tra l’altro la pena ricordare che il reggente della “mala” mianese era in passato già scampato a due pesantissime condanne all’ergastolo: una per il duplice omicidio “dell’ambulanza”, quello in cui nel 2004 persero la vita il boss scissionista Salvatore Manzo e il suo guardaspalle Giuseppe D’Amico; l’altra per l’assassinio di Raffaele Calcagno, ucciso per conto del clan Birra-Iacomino nell’ambito della sanguinosa faida di Ercolano.

NUOVI SCENARI. Sta di fatto che con il ritorno di Angellotti in libertà i già fragili equilibri tra le cosche di Miano potrebbero presto di nuovo infrangersi. Oggi, infatti, il quartiere si presenta letteralmente spaccato in due. Da un lato ci sono i ribelli della famiglia Nappello, o meglio ciò che ne resta dopo la microscissione interna consumatasi l’anno scorso, che gestirebbero la parta alta di Miano, quella che dal ponte del Don Guanella si allunga fino al cimitero degli Inglesi. Quella bassa, che poi è anche quella centrale, è invece diretta dai reduci del vecchio clan Lo Russo, oggi aggrappati proprio alla reggenza di Pasquale Angellotti, alias “’o cecato”: questa seconda zona si estende fino a lambire corso Secondigliano e la Masseria Cardone, fortino dei Licciardi. La zona alta, specializzata nel traffico e nello spaccio di droga, è inoltre compressa dal vicino quartiere Chiaiano, dove oggi comanda la famiglia Stabile.

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