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D’Ausilio, processo da rifare per i luogotenenti del clan

D’Ausilio, processo da rifare per i luogotenenti del clan

Camorra a Bagnoli. Mafia, agguati e droga: i ras Tripodi e Marigliano tornano in appello

NAPOLI. Nuovo annullamento  in Cassazione per i luogotenenti e killer del clan D’ Ausilio. È l’ultimo colpo di scena che si abbatte sull’inchiesta che pochi anni fa ha travolto il potente clan di Bagnoli e Cavalleggeri. Ben 64 furono le imputazioni elevate dalla Dda nei confronti dei 40 associati della ampia compagine diretta da Domenico D’Ausilio, alias “Mimì ’o sfregiato”.
I luogotenenti del  boss, coloro che facevano da cerniera tra capo e affiliati, Roberto Tripodi e Gennaro Marigliano, furono raggiunti da un numero impressionante di accuse, tra le quali associazione per delinquere, tentati omicidi ai danni di Patrizio Zinco e Ciro Rigillo, avvenuti nei primi mesi del 2008, estorsioni, rapine, droga, porto e detenzioni di armi da fuoco. Accuse che, però, sotto la scure degli annullamenti disposti dalla Suprema Corte si sono sempre più ridotte e affievolite. In primo grado il Tribunale di Napoli inflisse condanne pesanti al capoclan D’Ausilio e ai suoi numerosi uomini. In particolare, pur assolvendo Tripodi da otto capi di imputazione, fu comunque condannato  a 29 anni per essere stato direttore e organizzatore della cosca, per aver tentato l’omicidio di Zinco e Rigillo, oltre che per estorsioni aggravate dal metodo mafioso e una rapina in gioielleria. Mentre nei confronti di Gennaro Marigliano, altro elemento di primo piano ed avente il ruolo di killer del gruppo, il Tribunale irrogò  25 anni di reclusione sia per appartenenza al clan che per la partecipazione ai due tentati omicidi. Il giudizio di secondo grado si concluse con la parziale riforma della sentenza e l’assoluzione di Tripodi da uno dei reati a lui ascritti con pena ridotta a 23 anni di reclusione; identico trattamento la Corte riservava a Marigliano. Ma nel dicembre 2016 la Suprema Corte,  in accoglimento dei ricorsi proposti dall’avvocato Dario Vannetiello, annullava la sentenza emessa dai giudici escludendo la qualità di direttore e organizzatore in capo a Tripodi, annullando la condanna per il reato di rapina e per il reato di detenzione di droga ai fini di spaccio, ordinando un nuovo giudizio sia nei confronti di Tripodi ma anche di Marigliano. In sede di rinvio, a pronunziarsi fu di nuovo la Quinta sezione della Corte di appello di Napoli, la quale a giugno 2017 riduceva ulteriormente le pene a suo tempo inflitte, individuandole in 19 anni e 4 mesi per Tripodi e 18 anni per Marigliano. La difesa, nonostante la decisiva riduzione della pena ottenuta, intese proporre comunque impugnazione ricorrendo per Cassazione.
I giudici capitolini hanno nuovamente annullato anche la seconda sentenza emessa dalla Corte di appello di Napoli disponendo che dovrà tenersi, per la terza volta, il processo d’appello. Si profila quindi un’ulteriore erosione della pena inflitta e non solo. Infatti, la difesa potrebbe a breve chiedere la revoca della custodia cautelare in carcere nei confronti  di Tripodi e Marigliano per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare.

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