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Il processo
20 Giugno 2024 - 08:48
NAPOLI. L’arma del delitto non è stata ancora trovata e forse non salterà mai fuori. Adesso c’è però una nuova-quasi certezza: Francesco Pio Valda, già un mese prima dell’omicidio dell’innocente Francesco Pio Maimone, avrebbe avuto nella propria disponibilità un revolver pronto all’uso.
La circostanza è emersa ieri mattina nel corso dell’udienza del processo di primo grado che vede alla sbarra il rampollo della mala di Napoli Est, celebrata davanti alla prima sezione della Corte d’assise. La Squadra mobile, che stava conducendo un’indagine sull’attività di spaccio portata avanti da nuove e vecchie leve del clan ApreaValda, aveva registrato in diretta la conversazione da cui è emersa la detenzione della pistola.
Tuttavia, i muri spessi dell’appartamento avevano impedito di ascoltare subito con chiarezza il colloquio intercettato tra il giovane Valda e la nonna Giuseppina Niglio. La cimice e, di conseguenza, la registrazione, furono così recuperati solo dopo l’omicidio. Il processo che vede alla sbarra Francesco Pio Valda e altre sette persone amici e parenti accusati a vario titolo di favoreggiamento prosegue dunque a passo spedito. Anche ieri mattina, nell’aula 115 del nuovo palazzo di giustizia, sono stati esaminati due testi della pubblica accusa.
A tenere banco è stata in particolare la ricostruzione dell’attività di indagine resa da uno degli ispettori della Squadra mobile che avevano lavorato al caso. L’investigatore, ripercorrendo le tappe delle fasi successive al delitto, ha evidenziato come dallo sbobbinamento delle registrazioni fosse emersa, già a inizio febbraio 2023, la presenza di una pistola in casa Valda. Un’arma che la nonna del presunto killer, su input del nipote, avrebbe nascosto nella cassetta del water poco prima di un controllo di polizia. La pistola, classificata in seguito in un revolver, non è stata però mai recuperata, neppure dopo l’assassinio dell’innocente Francesco Pio Maimone.
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