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Il retroscena

B&b, false fatture e bitcoin: ecco l’impero del boss

“’O malomm” continuava a comandare dal carcere di Opera

B&b, false fatture e bitcoin: ecco l’impero del boss

L’indagine è stata condotta dalla guardia di finanza; nei riquadri Oscari Pecorelli “’o malomm”, Oscar Pecorelli “’o paccone” e Gaetano Cifrone

NAPOLI. Oscar Pecorelli, nonostante la più che decennale detenzione, continuava a tenere ben salde le redini del clan. Lo faceva dal carcere milanese di Opera, dove grazie a un telefonino non autorizzato, prima, e all’invio di email, dopo, impartiva ordini e indicazioni ai propri fedelissimi. “’O malomm” poteva contare soprattutto sull’apporto della sua storica compagna, Mariangela Carrozza, la quale, ricevuti gli input, gestiva una fittissima agenda di appuntamenti e summit ai quali prendevano parte, oltre agli affiliati, anche le “teste di legno” incaricate di condurre, almeno formalmente, le aziende in realtà riconducibili al clan Lo Russo.

Così facendo Pecorelli aveva messo in piedi un vero e proprio impero economico, con aziende attive nel settore dei pellami e della logistica. Il ras ergastolano non aveva però fatto i conti con gli investigatori che da tempo stavano monitorando ogni sua mossa. Arriviamo così all’operazione compiuta ieri mattina, con il Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Napoli (guidato dal comandante Paolo Consiglio) e il Nucleo Investigativo Centrale di Roma della polizia penitenziaria, che, insieme allo Scico e alla compagnia di Capodichino della guardia di finanza, hanno eseguito un decreto di sequestro nei confronti di 37 indagati ai quali si contestano a vario titolo i reati di estorsione, usura, riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori ed emissione e utilizzo di false fatture, aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità dell’agevolazione camorristica.

Pecorelli avrebbe infatti gestito occultamente tre società e una ditta individuale esercenti le attività di commercio all’ingrosso di pellame, bar, lavanderia e autotrasporto, nonché un circolo ricreativo, veicolando dal carcere direttive tese al reimpiego di capitali illeciti, sia nelle imprese di cui era socio occulto, sia in beni mobili e immobili intestati fittiziamente a terzi, nonché in orologi di lusso acquistati anche all’estero (a Dubai) con pagamenti in criptovaluta.

Infine, grazie a una notevole disponibilità di denaro contante, avrebbe concesso prestiti a tassi usurari a imprenditori in difficoltà pretendendone la restituzione con metodo mafioso. Su queste basi, sono stati sottoposti a sequestro otto immobili, 12 lotti di terreno, cinque complessi aziendali, due auto, un ciclomotore e 90 rapporti finanziari per un valore stimato di circa 8 milioni di euro.

Dalle 344 pagine del decreto emerge il carattere trasversale degli ambiti economici nei quali era attivo il clan Lo Russo. Oscar Pecorelli avrebbe tra l’altro messo le mani anche sul settore del turismo. Il killer dei “Capitoni” risulta infatti essere l’effettivo proprietario di un immobile di via Abate Alfiero, nei pressi dell’aeroporto di Capodichino, adibito ad affitto breve per uso turistico e denominato “Home Luxury”.

Nelle annualità di imposta 2019, 2020 e 2022 i due Pecorelli, Vincenzo Bocchetti ed Ersilia Salvati avrebbero poi evaso le imposte sui redditi e sul valore aggiunto utilizzando fatture per operazioni inesistenti per un ammontare di 7,5 milioni di euro. Le ditte utilizzate per compiere il raggiro sarebbero state invece la Emapelli Srl e la Alessandro Zenga, entrambe riconducibili al boss Pecorelli. Quello messo in piedi dal clan era un vero impero, azzerato però ieri dalla guardia di finanza.

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