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Camorra
01 Luglio 2024 - 09:13
Nei riquadri il collaboratore di giustizia Emmanuele Palmieri, il ras Pasquale Scognamiglio e il figlio Giovanni
Retata dopo retata, lo spaccio di stupefacenti resta ancora oggi il principale business dei clan dell’area nord di Napoli e non solo. Le cosche sembrano però aver cambiato strategia per cercare di limitare le conseguenze di blitz e sequestri: le piazze “a privato”. Addio, dunque, ai vecchi sistemi delle basi di spaccio a cielo aperto, con pusher, vedette e depositi. Il nuovo modus operandi prevede che il capopiazza continui a curare i rapporti in prima persona con i clienti, rigorosamente al telefono, per poi dirottare questi ultimi verso lo spacciatore che può trovarsi nei punti più disparati del quartiere. La circostanza emerge dagli atti dell’inchiesta che pochi giorni fa ha azzerato i clan Pecorelli e Scognamiglio di Miano e, in particolare, da alcuni verbali dell’ex narcos Emmanuele Palmieri, affiliato prima ai Lo Russo e poi agli Scognamiglio, che ha rivelato diversi retroscena sul conto degli Scognamiglio e sui contrasti che questi hanno avuto di recente con gli Scissionisti di Secondigliano, tanto da farsi cacciare da Melito: «La piazza a privato di Luigi Pompeo si trova nella strada che porta in un parco che si chiama Coscia Borrelli. La piazza era a privato in quanto non c’erano pusher, vedette e quant’altro. Nella piazza a privato c’è una persona che può stare ovunque, che riceve la telefonata dell’acquirente e dopo contatta il pusher al quale dice dove doversi recare per consegnare la droga». Nell’interrogatorio del 29 settembre 2021 Palmieri ha quindi rivelato una serie di inediti retroscena: «Il gruppo Scognamiglio nasce con Luigi Pompeo, che passò a loro la gestione della piazza di spaccio sita a Melito dal lato della zona Coscia Borrelli. Questa piazza a privato era stata creata proprio da lui». Le cose finirono però presto per complicarsi: «Il gruppo di Melito guidato da Claudio Cristiano “’o bisio” metteva pressione agli Scognamiglio affinché acquistassero più droga da loro, quando poi “bisio” si rese conto che gli Scognamiglio compravano droga anche altrove e la rivendevano nel loro quartiere, prima picchiarono Antonio Scognamiglio in presenza del padre Pasquale, ma non so in quale luogo avvenne questa cosa, e poi li cacciarono da Melito, intimando loro di non risiedere più a Melito... Le cose di cui sto riferendo le so perché gli Scognamiglio, dopo essere stati picchiati, vennero da Matteo Balzano alle case gialle dove abita “Cicchilotto”, proprio per raccontare tutto quello che gli era accaduto e io ero presente. Oltre a me in quell’occasione c’erano Gianluca D’Ericco “Fragolino”, Salvatore Scarpellini “Cicchilotto”, Cristofaro Sibillo e Fabio Pecoraro». Il neopentito ha poi concluso aggiungendo che «imploravano Balzano affinché li tutelasse e per ottenere la sua protezione sottolineavano di avere sempre lavorato per la famiglia Pompeo. Gli Scognamiglio sapevano molto bene quanto Matteo Balzano ci tenesse per Luciano Pompeo». Dopo quel pestaggio, però, gli Scognamiglio non fecero più rientro a Melito, trasferendosi in pianta stabile a Miano, storica roccaforte dei Lo Russo.
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