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Camorra
05 Luglio 2024 - 09:34
Faida delle Palazzine, la procura chiede 30 anni per il killer e 28 per i tre complici
NAPOLI. Nonostante le ammissioni parziali fin qui rese, per i presunti autori dell’omicidio di Antonio Bortone e il tentato omicidio di Mario D’Isidoro il rischio di una condanna severa si avvicina sempre più. Arrestati a marzo dello scorso anno e in seguito rinviati a giudizio, Michele Cleter, Michele Landolfi, Gaetano Vallefuoco e Fabio Cuomo rischiano adesso pene molto vicine ai trent’anni. Ieri mattina, infatti, il pubblico ministero della Dda ha tenuto la propria requisitoria, invocando 30 anni di reclusione per il primo e 28 anni a testa per gli altri tre imputati.
Il processo che si sta celebrando davanti alla prima sezione della Corte d’assise di Napoli riprenderà il prossimo 18 settembre, quando la palla passerà al collegio difensivo composto dagli avvocati Rocco Maria Spina, Luigi Senese, Antonella Regine, Michele Sanseverino e Felice Bianco. I legali dei quattro imputati proveranno ad aprire una breccia in un quadro indiziario rivelatosi fino ad oggi granitico: la strada resta però in salita.
Nei mesi scorsi Cleter, originario di Scampia, si era difeso ammettendo di aver sparato a Bortone, ma sostenendo di averlo fatto solo per legittima difesa. Cuomo, Landolfi e Vallefuoco avevano spiegato di aver, sì, accompagnato il presunto esecutore materiale sulla scena del delitto, le Palazzine di Sant’Antimo, ma di non aver mai avuto contezza di quali fossero le sue intenzioni.
L’attività investigativa era stata condotta dai carabinieri anche attraverso l’utilizzo di attività tecniche, come intercettazioni ambientali e telecamere di videosorveglianza, e aveva permesso di raccogliere numerosi elementi indiziari a carico dei fermati per l’omicidio di Antonio Bortone e il tentato omicidio di Mario D’Isidoro, considerati inseriti negli schemi del clan Ranucci, avvenuti la sera del 8 marzo 2023 a Sant’Antimo.
Nello specifico, all’indirizzo dei due erano stati esplosi numerosi colpi di arma da fuoco. Arrivati sul posto, i carabinieri avevano repertato 17 bossoli. Un trattamento da boss per Antonio Bortone, freddato con ben(13 colpi di pistola, fratello di un elemento di spicco del clan Ranucci, Cesario Bortone, attualmente detenuto con l’accusa di tentato omicidio.
I carabinieri avevano trovato Bortone riverso a terra nel cortile del complesso residenziale di via Solimene. Ma il 26enne non era l’unico bersaglio del commando. Qualche minuto più tardi, infatti, all’ospedale di Aversa arrivò anche un 29enne, pure lui già noto alle forze dell’ordine e già condannato per droga, ricettazione e armi: Mario D’Isidoro. Per sua fortuna il borsello indossato a tracolla aveva deviato la traiettoria di alcuni proiettili.
Tre quelli esplosi contro di lui. Il movente dell’agguato è stato inquadrato dagli inquirenti nella volontà dei quattro imputati di assumere il controllo delle piazze di spaccio di sostanze stupefacenti nel comune di Sant’Antimo. Per raggiungere quest’obiettivo sarebbe stato però necessario eliminare prima i due rivali. Da qui la decisione di passare all’azione con un agguato eclatante.
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