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l'appello
11 Luglio 2024 - 10:11
NAPOLI. L’amarezza dell’interruzione delle attività in piena estate, con perdite economiche notevoli. In più, il peso dell’onta per essere stati definiti in questi giorni da più parti “delinquenti, camorristi, abusivi’’, «accuse che rispediamo al mittente perché non corrispondenti affatto alla realtà, visto che abbiamo sempre pagato i tributi previsti». I gestori dei chioschi dell’area che va dal Molosiglio a Mergellina, 19 in tutto, attualmente chiusi a seguito di alcune operazioni di sequestro penale e amministrativo effettuate dalla Polizia Municipale, oggi alle 12 hanno un incontro fissato al Comune.
«Veniamo dipinti per quelli che non siamo. È ingiusto» affermano incontrando il Roma nei pressi di piazza Vittoria, con l’intenzione di difendere la propria onorabilità e la loro storicità confutando la convinzione generale di agire nell’illegalità nella vendita di alimenti e bevande. L’autorità giudiziaria ha ravvisato alcune irregolarità, come quella della mancata autorizzazione paesaggistica (il riferimento è al decreto legislativo 42 del 2004) e alla vendita in postazione fissa. Il caso è finito all’attenzione della Procura di Napoli, che sta svolgendo tutti gli approfondimenti e le indagini del caso.
IL MESSAGGIO DEI GESTORI DELLE ATTIVITÀ. Francesca Presutto è la figlia di uno dei titolari del chiosco “O Lucian’’, situato all’inizio della Riviera di Chiaia nei pressi dell’ingresso della villa comunale. «È brutta l’immagine che stanno dando di noi – afferma si lasciano persone senza lavoro e le si accusano di essere disoneste. Al contrario, una famiglia come la nostra ha sempre lavorato non percorrendo mai certi sentieri. Non ci stiamo a passare per delinquenti o per quelli che vogliono fare i furbi. Chi ci accusa, dovrebbe conoscerci davvero». Sulla saracinesca blu del chiosco, aperto tra il 1966 e il 67 in via Caracciolo, poi spostato alla Rotonda Diaz prima dell’ulteriore trasferimento nei pressi di piazza Vittoria, attraverso una conferenza dei servizi, c’è l’avviso del Comune che recita: “Area sottoposta a sequestro preventivo della Polizia Giudiziaria’’.
Francesca lo guarda più volte, scuote la testa e ribadisce: «Non è giusto fare di tutta erba un fascio. Siamo sempre andati avanti con le nostre forze, lavorando sempre. Non abbiamo nulla di cui vergognarci perché certi ambienti, al contrario di quello che possono pensare gli altri, non ci appartengono». Nel frattempo, i mancati incassi dei mesi estivi si fanno sentire. Ancora Francesca Presutto: «I chioschi sono sotto sequestro, ma ci sono i frigoriferi accesi. Sarà una perdita a catena, i prodotti li dobbiamo lo stesso pagare». La cugina, Monica Castiglione, si inserisce sullo stesso tracciato. «Dobbiamo continuare a pagare tasse, tributi, fitti, mutui. Il Comune deve sbrogliare la matassa».
L’APPELLO AL COMUNE. Luciano Presutto ha fretta di incontrare l’amministrazione comunale e trovare una soluzione che possa garantire la riapertura rispettando gli obblighi di legge. maestra per arrivare a un contemperamento degli interessi». Dopo aver ascoltato le voci degli operatori e dell’avvocato, il nostro giornale ha contattato l’assessore con delega alla Polizia Municipale e alla Legalità Antonio De Iesu per chiedere un commento. L’assessore ha preferito non commentare, ricordando come ci sia un’istruttoria aperta da parte della Procura di Napoli sulla questione sequestro dei chioschi. «Le concessioni vengono definite ambigue ma sono 60 anni che vengono definite così. Chiediamo al Comune di risolvere la faccenda. Noi siamo disponibili, ci attendiamo un passo dalla giunta». Luciano non tergiversa quando si tratta di approfondire la questione delle prescrizioni di cui tener conto per commerciare senza incappare in sanzioni.
«Abbiamo tutte le licenze, tutte le concessioni – ribadisce – adesso, secondo quanto specificato dall’autorità giudiziaria, ci manca solo l’occupazione di suolo pubblico. Ricordo che abbiamo versato anche per il 2023 e per l’anno in corso attendevamo la risposta dal Comune». Infine sulla contestazione che un chiosco come il suo abbia venduto in modo stanziale e non mobile, afferma: «Le ruote le abbiamo, ma avete visto quanto è gra nde il chiosco? Ci vuole un tir per trasportarlo. Per questo bisogna confrontarsi con l’istituzione pubblica».
Salvatore Buoninsegni gestisce lo chalet Pelè alla rotonda Diaz, aperto dal 1976 da sua mamma. Anche lui sottolinea di aver «sempre pagato i tributi. Non vogliamo essere tacciati di essere degli abusivi che speculano». Secondo quanto assicura Salvatore i chioschi di Mergellina oggetto di chiusura, compreso il suo, «sono stati autorizzati dal Comune e dall’architetto dell’urbanistica. La prima volta ciò fu fatto alla Rotonda Diaz nel 2004 e poi due anni dopo per gli altri, con una conferenza dei servizi». Buonisegni aggiunge: «Dal 2023 qualcosa è cambiato, dal Comune non si è fatto sentire nessuno e come un fulmine a ciel sereno è arrivata la chiusura per tutti noi, senza nessun avviso». La tensione resta palpabile tra gli operatori e l’ansia di vedere in fumo un progetto di vita lavorativa che risale nei decenni sulle intuizioni dei parenti, sembra più grossa di un’alta marea.
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