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11 Luglio 2024 - 21:54
NAPOLI. A distanza di quattro anni l’omicidio di Salvatore Marangio, trucidato l’8 agosto 2020 in piazza Volturno con cinque colpi di pistola, resta ancora parzialmente avvolto nel mistero. C’è un colpevole, Gaetano Grossi, parente dei Bosti, c’è un contesto e un aggravante, quella di aver agevolato le attività del clan Contini, ma - dettaglio non proprio trascurabile - continua a mancare il movente. Il killer, dopo aver incassato l’ergastolo in primo grado, dove è stato giudicato dalla quarta sezione della Corte d’assise di Napoli, adesso ha però incassato un clamoroso verdetto favorevole. Il colpo di scena è maturato ieri mattina, con la sentenza pronunciata dalla quarta sezione della Corte d’assise d’appello di Napoli, che ha accolto in pieno le argomentazioni del legale di Grossi, l’abile penalista Domenico Dello Iacono, ed escludendo l’aggravante della premeditazione, ha rideterminato la pena in 26 anni. Gaetano Grossi era da solo quando fu ammazzato Salvatore Marangio e addirittura gli inquirenti non escludono che abbia agito autonomamente in seguito a un contrasto, non meglio precisato, avuto con la vittima. Dalle intercettazioni alla base della misura cautelare nei confronti del 32enne parente acquisito dei Bosti, non emergevano indizi a carico di complici né si evinceva nella vicenda la presenza di uno o più mandanti. L’omicidio quindi, non fu una decisione del clan a quanto pare, sebbene per il sicario sia comunque scattata la contestazione dell’aggravante. Presunto assassino e vittima si conoscevano. Inutilmente il 34enne cercò di fuggire a piedi nonostante la prima ferita da arma da fuoco: fu raggiunto e colpito da altri proiettili. Era l’8 agosto 2020 ed esattamente 30 giorni dopo morì nell’ospedale San Giovanni Bosco per sopraggiunte complicazioni. Gli inquirenti e gli investigatori (procura antimafia e squadra mobile della questura) hanno compiuto un’indagine classica con intercettazioni telefoniche e ambientali e ricerca di riscontri con la visione dei filmati delle immagini di telecamere della zona. Il 32enne, pur non avendo precedenti per camorra, era già conosciuto per reati minori tra cui contrabbando di sigarette. Nei giorni successivi grazie a un documento manomesso, risultato poi del fratello, aveva soggiornato in diversi alberghi d’Italia cercando presumibilmente di trovarsi un alibi. Ma per la polizia la notte dell’agguato in piazza Volturno, nelle vicinanze del corso Garibaldi, era in città. È imparentato con i Bosti attraverso la suocera, sorella della moglie di Ettore Bosti (cugino del più noto Patrizio, alter ego del boss Eduardo Contini). Era solo quella sera Salvatore Marangio, che si trovava agli arresti domiciliari e che quindi non avrebbe dovuto trovarsi in strada, quando notò uno scooter con un giovane in sella avvicinarsi. Il tempo di capire, quando ormai si trovava a poca distanza, che quest’ultimo cercava proprio lui con intenzioni tutt’altro che amichevoli e tentò una disperata fuga a piedi. Per la vittima designata non ci fu alcuna possibilità di scampo.
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