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Bosti, le intercettazioni alla base delle nuove accuse

Anche i Mazzarella traditi da una cimice: prepariamoci alla guerra

Bosti, le intercettazioni alla base delle nuove accuse

NAPOLI. Una lunga detenzione intramezzata soltanto da 5 giorni di libertà. Eppure proprio quel brevissimo periodo trascorso fuori dalle mura penitenziaria è servito alla Dda per tratteggiare e aggiornare la figura criminale di Patrizio Bosti, del quale si scrive che “il suo ruolo di vertice nel clan Contini non è mai venuto meno nonostante il 41 bis”. Prova ne è secondo la procura antimafia il comportamento tenuto dal ras nelle 120 ore fatidiche, registrato grazie alle intercettazioni ambientali. Così come ha rilevanza a parere degli inquirenti il timore provocato dalla sua scarcerazione, captato dalle microspie, negli ambienti del clan Mazzarella, nemico storico dell’Alleanza di Secondigliano con periodi di guerra alternati ad altri di pace.
Ecco la ricostruzione della parte d’indagine che riguarda la figura di Patrizio Bosti. “O’ Patriziotto”, temendo che presto gli sarebbe piovuto sulla testa un nuovo provvedimento restrittivo, non perse nemmeno un minuto utile per far capire chi comandava. Gli inquirenti hanno monitorato e registrato tutto quanto accadde nei 5 giorni di libertà, a fine 2022: il 65enne ras convocò i suoi accoliti più fidati; conferì l’incarico di nuovo luogotenente al figlio di Giovanni Migliaccio, affiliato al clan Contini e allora detenuto; decise una totale inversione della strategia dell’associazione, fino a quel momento impostate su una sostanziale pax mafiosa con i Mazzarella; tenne all’oscuro delle determinazioni prese coloro che avevano retto il gruppo del Vasto-Arenaccia fino a quel momento, Gennaro De Luca e Carmine Botta; si informò della gestione dei territori sotto l’influenza dell’Alleanza di Secondigliano e in particolare di Giugliano.
La novità investigativa più importante, emersa successivamente dalle intercettazioni ambientali in casa di Ciro Mazzarella, è che il clan Bosti avrebbe avuto l’intenzione di rompere la tregua con i Mazzarella con un gesto eclatante: l'uccisione di Salvatore Barile detto “Totoriello”, genero dei Mazzarella oltre che reggente sul territorio e in particolare a Poggioreale e a Forcella. L’agguato in sostanza, non fu nemmeno organizzato e saltò, tant'è vero che nessuno è mai stato indagato per questo. Anche perché dall’altro lato si seppe del cambio di strategia imminente e Ciro Mazzarella (figlio di Gennaro) pronunciò una frase molto indicativa, registrata dalla microspia che abilmente i carabinieri gli avevano piazzato in casa: “noi dobbiamo essere pronti alla guerra”.

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