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Camorra
13 Settembre 2024 - 09:10
Nei riquadri i cugini capiclan Michele Mazzarella e Salvatore Barile
NAPOLI. Dopo ventidue anni arriva il primo verdetto giudiziario sull’omicidio di Salvatore Lausi, alias “Pirulino”, ucciso dal clan Mazzarella in quanto sospettato di aver sottratto una grossa somma di denaro dalla cassa della cosca.
Ieri mattina, al termine del processo celebrato con la formula del rito abbreviato, il gup Luca Rossetti ha condannato i boss Michele Mazzarella e Salvatore Barile a trent’anni di reclusione a testa. Passa dunque la linea della pubblica accusa, che in sede di requisitoria aveva chiesto per i due ras proprio la pena inflitta poi dal giudice di primo grado.
Sia Mazzarella che Barile avevano chiesto di essere processati con il rito abbreviato condizionato all’esame del super pentito Salvatore Giuliano “’o russo”, ex boss di Forcella e principale loro accusatore. Il giudice a ottobre aveva però respinto l’istanza avanzata da Michele Mazzarella, che è stato dunque giudicato con l’abbreviato “secco”. Esito diverso per Barile, che puntava così, grazie all’acquisizione della nuova prova, a un possibile ribaltamento del quadro indiziario: cosa che non si è però verificata.
Salvatore Lausi detto “Pirulino”, ucciso in via Vergini il 6 ottobre 2002, sarebbe stato ammazzato perché aveva fatto sparire 100 milioni di lire destinati alle casse del clan. Così Michele Mazzarella (figlio del boss Vincenzo), profondamente insoddisfatto dell’operato del collettore di tangenti per Forcella, dal carcere avrebbe dato ordine al cugino Salvatore Barile di ucciderlo.
Lo zio Gennaro Mazzarella “’o schizzo” (poi scagionato e uscito dall’inchiesta, dopo essere inizialmente finito anch’egli in manette), in quel periodo libero, avrebbe organizzato l’agguato informandosi poi sull’esito: quest’ultima circostanza è stata però poi smentita dai successivi accertamenti difensivi.
Mentre esecutori materiali furono Ciro Giovanni Spirito, unico a sparare, e Vincenzo De Bernardo “Pisello” (nel frattempo deceduti), entrati in azione nel raid di via Vergini. Le indagini, rielaborando l’attività di intercettazione in parallelo ai riscontri alle dichiarazioni di ben 23 collaboratori di giustizia, hanno consentito di chiarire che l’omicidio costituì un’epurazione interna.
Lausi era l’incaricato a riscuotere le estorsioni nei quartieri Forcella, Maddalena e Sanità. Oltre all’ammanco di 100 milioni di lire, “Pirulino” ha pagato anche per aver intrecciato rapporti sempre più stretti con i Misso, circostanza che fu interpretata come volontà di allontanarsi dai Mazzarella. Infine, si era impossessato di un orologio di valore di un altro associato, sottraendoglielo con forza.
Lausi era consapevole del pericolo che correva per i 100 milioni di lire che non aveva consegnato al suo clan. Il giorno in cui fu ucciso aveva addosso circa 1.000 euro (nel frattempo c’era stato il passaggio lira-euro) mentre a casa furono trovati altri 22mila euro. Le forze dell’ordine scoprirono una pistola, a dimostrazione che temeva per la propria incolumità. Per lui non ci fu però scampo: a mezzanotte del 6 ottobre 2002 i due sicari eseguirono la sentenza di morte.
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