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Omicidio “vintage” a Soccavo, la svolta grazie al super pentito

Delitto Ivone, il neo collaboratore rivela ai pm i componenti del commando

Omicidio “vintage” a Soccavo, la svolta grazie al super pentito

Nei riquadri il capoclan latitante Massimiliano Esposito “’o scognato” e Luigi Bitonto

NAPOLI. Massimiliano Esposito, al momento irreperibile per le due ordinanze emesse l’altro ieri, avrebbe voluto la morte di Antonio Ivone per la vicinanza del gruppo di quest’ultimo con i Rossi-Sorprendente di Bagnoli.

Era l’anno e nel quartiere “’o sognato” era subentrato al boss Domenico D’Ausilio “’o sfregiato”, in guerra con l’altro clan per il controllo degli affari illeciti nell’area flegrea. Così, dopo aver cercato invano Rodolfo Zinco, come obiettivo dell’agguato, i sei componenti del commando dirottarono l’attenzione sul 54enne seduto a un chiosco in via Tertulliano, nel rione Traiano.

La svolta nelle indagini, condotte dai poliziotti della sezione “Criminalità organizzata” della Squadra mobile della questura, si è avuta con le dichiarazioni di Marco Conte, secondo il quale i responsabili dell’omicidio furono in sei: «Io, Massimiliano Esposito, Luigi Bitonto, Massimiliano De Franco (poi deceduto), Pietro Esposito detto “Pierino” (poi deceduto) e Raffaele Giogli».

Tutti da ritenere innocenti fino all’eventuale condanna definitiva, tenuto conto che siamo ancora alla fase delle indagini preliminari e due delle persone coinvolte non possono più difendersi. Degli altri quattro, nei confronti del ras soprannominato “’o scognato” e di Bitonto è stato emesso un provvedimento restrittivo mentre Conte e Giogli sono indagati a piede libero. Anche quest’ultimo, per un periodo collaboratore di giustizia, ha reso dichiarazioni etero e auto accusatorie.

«Ho partecipato - ha messo a verbale Marco Conte - all’omicidio di Antonio Ivone, commesso nell’agosto 2000, ammazzato perché Massimiliano Esposito voleva impadronirsi da un punto di vista camorristico di tutta la zona flegrea e pertanto cercava di eliminare i possibili avversari. Ivone era parente di tale “figlio di Papele” e una sorellastra di Ivone era fidanzata con Rodolfo Zinco, nostro avversario in quanto esponente del clan Rossi».

I sei uomini, nella ricostruzione degli inquirenti della Dda, si misero in 4 autovettura e cercarono di rintracciare inutilmente Rodolfo Zinco. Poi girando tra Fuorigrotta, Bagnoli e il Rione Traaiano, individuarono Antonio Ivone su una sedia in plastica bianca davanti a un chiosco di via Tertulliano. “Massimiliano prese la decisione di uccidere Ivone. Poi si allontanò mentre Luigi Bitonto ci fece segno di avvicinarci. Si rivolse a Giogli e a Piretro Esposito e indicò loro la persona da eliminare, dicendo che era seduta sulla prima sedia con le gambe accavallate. Bitonto poi si rivolse a me, dicendomi di tenermi a pronto a coprire gli esecutori materiali dell’omicidio e a favorire la loro fuga. Il primo a sparare fu Esposito, poi Giogli al quale si inceppò la pistola. Un parente di Ivone accorse e Giogli fece fuoco contro di lui senza colpirlo”.

Il gruppo poi si allontanò con le quattro autovetture e si recò verso l’albergo di Melito, dove alloggiavano tutti senza falso nome. Il delitto è rimasto impunito per 24 anni, poi all’improvviso la clamorosa svolta nell’inchiesta con gli arresti del ras e del complice.

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