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27 Settembre 2024 - 09:46
NAPOLI. Le ricostruzioni dei nuovi pentiti non convincono fino in fondo e il processo che avrebbe dovuto fare luce sulle responsabilità del “rampollo” Pietro Cerbone si conclude con un buco nell’acqua. Il 34enne nipote del boss del clan Contini Nicola Rullo “’o nfamone” ieri mattina è stato assolto dalla prima sezione della Corte di assise di Napoli dall’accusa di aver partecipato all’omicidio di una prostituta cinese, assassinata all’Arenaccia nel 2011 durante un tentativo di rapina in casa. Per la stessa vicenda Vincenzo Rubino e un secondo complice, minorenne all’epoca dei fatti, erano stati già condannati in via definitiva, rispettivamente, a 19 e 17 anni di reclusione.
Nel caso di Cerbone si sono però rivelate determinanti le argomentazioni portate in aula dal suo legale, l’avvocato Mauro Dezio, il quale è riuscito a dimostrare nel dibattimento l’estraneità del proprio assistito rispetto al delitto. La difesa di Cerbone ha messo in evidenza in particolare le discrepanze emerse dai racconti dei collaboratori di giustizia Vincenzo Amirante e Ciro De Magistris, oltre che sui mancati riscontri alle intercettazioni che sembravano tirare in ballo il nipote del boss Rullo. Di fronte a un quadro indiziario tutt’altro che granitico, la Corte di assise, nonostante il pm avesse invocato la pena dell’ergastolo, non quindi potuto far altro che assolvere Cerbone da ogni accusa.
Il 34enne dell’Arenaccia resta però ancora detenuto per un altro procedimento. L’arresto di Pietro Cerbone era scattato a fine marzo 2023. Quanto alla vicenda oggetto dell’indagine, la sera del 3 aprile 2011 la cittadina cinese Wu Shufen detta “Angela” fu trovata priva di vita all’interno della propria abitazione in via Attanasio, nel cuore dell’Arenaccia. Agli occhi dei poliziotti della Mobile l’appartamento si presentò completamente a soqquadro e sul cadavere della donna la “Scientifica” aveva numerose ferite multiple da taglio e da punta. La successiva attività d’indagine ha permesso di accertare che la vittima era stata uccisa dopo aver ricevuto diversi fendenti in varie parti del corpo, nel tentativo di opporsi alla rapina di 230 euro.
Nella circostanza furono individuati quali responsabili Vincenzo Rubino (classe 1992) e Lucio Di Ruberto (classe 1993), minorenne all’epoca dei fatti), entrambi condannati per il delitto con sentenze divenute irrevocabili. Gli ultimi sviluppi investigativi, che re di giustizia, avevano consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza anche a carico di Pietro Cerbone quale autore materiale in concorso con i due complici nell’irruzione nell’appartamento della donna straniera.
Il coinvolgimento del 32enne, all’epoca poco più che 20enne e legato da vincoli di parentela con l’esponente di spicco del clan Contini soprannominato “’o nfamone”, non sarebbe mai stato svelato negli anni dagli altri indagati proprio in ragione del clima di omertà rappresentato dallo spessore della famiglia Rullo. A distanza di oltre dieci anni dai fatti, il volto del terzo componente del commando resta ancora un punto di domanda.
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