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L'indagine
02 Ottobre 2024 - 15:19
Il procuratore Nicola Gratteri
«Ha violato soprattutto segreti nel settore suo, per capire se fosse sotto indagine. Ma ha creato una banca dati per migliaia di file, anche di criminalità organizzata. Possibile che abbia agito su commissione». Lo ha detto Nicola Gratteri, capo della Procura di Napoli, parlando dell'arresto di un hacker accusato di aver violato i sistemi di sicurezza del ministero della Giustizia.
«Non sappiamo se ci siano i servizi segreti stranieri» dietro gli attacchi «sistematici». Ha creato una banca dati per migliaia di file. Materiale per mesi. Nel corso dell'inchiesta si sono svolte diverse riunioni di coordinamento presso la Dna a Roma, anche con il supporto delle Università di Torino e Roma che hanno «collaborato attivamente sui ragionamenti e su come impostare reazioni ad ogni incursione nella rete del ministero della giustizia e di più Procure».
A Napoli le indagini sono state coordinate dall'aggiunto Piscitelli e dai sostituiti Onorati, Cozza e Capasso.
L'hacker «è riuscito a prendere dalle procure delle informative, fascicoli, attività in fase di indagini preliminari, ad avere dati coperti da segreto investigativo. Era in grado di estrarre Bitcoin, gliene abbiamo sequestrati per 2 milioni di valore, con server posizionati anche all'estero per lavorare. Sì è mosso su più piani» ha aggiunto Gratteri che parla dell'arresto del 24enne come di «un primo step, perché dopo i sequestri di stanotte ora c'è da lavorare su migliaia di documenti da studiare e analizzare» alla ricerca di eventuali complici. Altre tre persone sono indagate.
«Dopo averlo criticato spesso, per la prima volta da due anni, ringrazio il ministro Nordio e l'ufficio di gabinetto del Ministero della Giustizia per averci seguito. Sì sono tenute più volte riunioni, perché loro erano i primi interessati» ha detto Gratteri che ha definito l'hacker «un mago dell'informatica». Sotto attacco «il dominio Ministero della Giustizia» ha aggiunto Gratteri.
Per fronteggiare l'hacker, le indagini della Procura di Napoli sono proseguite senza comunicazioni web, email e neanche WhatsApp. «Non utilizzavamo nulla - ha spiegato il procuratore Nicola Gratteri - ci incontravamo di persona con magistrati e investigatori, portavamo le carte, nessuna comunicazione si WhatsApp, email e Pec. Nel corso delle indagini, l'hacker ha tentato di entrare in alcune caselle mail di magistrati e del ministero. Neanche l'ordinanza è stata ancora caricata in banca dati, ma è stata stampata e portata a mano».
Ma nel frattempo l'hacker «si era spinto molto avanti e aveva lasciato tracce» ed è stato identificato e bloccato.
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