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Il processo
03 Ottobre 2024 - 08:45
Michele Cleter, Antonio Bortone
NAPOLI. Faida delle Palazzine, killer e fiancheggiatori evitano la stangata. Michele Cleter, Michele Landolfi, Gaetano Vallefuoco e Fabio Cuomo hanno ottenuto il riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti e l’assorbimento dell’aggravante dei motivi abietti in quella mafiosa e pertanto sono stati condannati a 30 anni di reclusione a testa per l’omicidio di Antonio Bortone.
Soddisfatto per l’esito del rito abbreviato il collegio difensivo, composto dagli avvocati Rocco Maria Spina, Antonella Regine, Luigi Senese, Michele Sanseverino e Felice Bianco. Nei mesi scorsi Cleter, originario di Scampia, si era difeso ammettendo di aver sparato a Bortone, ma sostenendo di averlo fatto solo per legittima difesa.
Cuomo, Landolfi e Vallefuoco avevano spiegato di aver, sì, accompagnato il presunto esecutore materiale sulla scena del delitto, le Palazzine di Sant’Antimo, ma di non aver mai avuto contezza di quali fossero le sue intenzioni. L’attività investigativa era stata condotta dai carabinieri anche attraverso l’utilizzo di attività tecniche, come intercettazioni ambientali e telecamere di videosorveglianza, e aveva permesso di raccogliere numerosi elementi indiziari a carico dei fermati per l’omicidio di Antonio Bortone e il tentato omicidio di Mario D’Isidoro, considerati inseriti negli schemi del clan Ranucci, avvenuti la sera del 8 marzo 2023 a Sant’Antimo.
Nello specifico, all’indirizzo dei due erano stati esplosi numerosi colpi di arma da fuoco. Arrivati sul posto, i carabinieri avevano repertato 17 bossoli. Un trattamento da boss per Antonio Bortone, freddato con ben(13 colpi di pistola, fratello di un elemento di spicco del clan Ranucci, Cesario Bortone, attualmente detenuto con l’accusa di tentato omicidio. I carabinieri avevano trovato Bortone riverso a terra nel cortile del complesso residenziale di via Solimene.
Ma il 26enne non era l’unico bersaglio del commando. Qualche minuto più tardi, infatti, all’ospedale di Aversa arrivò anche un 29enne, pure lui già noto alle forze dell’ordine e già condannato per droga, ricettazione e armi: Mario D’Isidoro. Il movente fu inquadrato dagli inquirenti nella volontà dei quattro imputati di assumere il controllo delle piazze di spaccio di sostanze stupefacenti nel comune di Sant’Antimo.
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