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Il caso
08 Ottobre 2024 - 08:40
I mestieri artigianali sempre più in estinzione. A destra Fabrizio Luongo
NAPOLI. Arrotino cercasi. E cercasi l’ombrellaio, lo stagnino, il tappezziere, il materassaio, l’orologiaio. Perfino i mestieri di sarto e di calzolaio sono in via di estinzione. E sono tanti i mestieri di una volta che stanno scomparendo, sostituiti da pizzetterie, negozi di telefonia, wine bar e marchi della moda giovanile.
Qualcuno rimane ancora quale testimone del passato. Tanti mestieri, tipici del mondo artigianale non tanto lontano, non sono più esercitati e sono scomparsi. Altri sopravvivono a stento, travolti dall’avvento delle nuove tecnologie che permettono di fabbricare più facilmente a costi più contenuti alcuni prodotti, mentre altri sono stati soppiantati nel loro uso da altri più consoni alle nostre attuali esigenze.
Una crisi che non vede soltanto la chiusura di tante piccole aziende, anche con un solo titolare e un aiutante, ma la scomparsa di interi mestieri che hanno dato identità ai luoghi della città impoverendola. Negli ultimi dieci anni si sono perse in Campania circa 5mila vecchie botteghe e posti di lavoro e sono diventati sempre più rari i laboratori dei corniciai, dei vetrai, degli idraulici.
Il tratto del profondo cambiamento avvenuto, ad esempio, è riscontrabile dal risultato che emerge dalla comparazione tra il numero di avvocati e di idraulici presenti nel nostro Paese: se i primi sfiorano le 237mila unità, si stima che i secondi siano “solo” 180mila.
È evidente, rileva la Cgia di Mestre, che la mancanza di tante figure professionali di natura tecnica sono imputabili a tante criticità, come lo scarso interesse che molti giovani hanno nei confronti del lavoro manuale, la mancata programmazione formativa verificatasi in tante regioni del nostro Paese e l’incapacità di migliorare la qualità dell’orientamento scolastico. Anche Casartigiani Napoli fotografa la contrazione dell’artigianato che per anni ha contraddistinto la storia di molti quartieri.
Oggi su 75mila imprese artigiane attive nella regione, 27mila sono a Napoli e trainano edilizia, impiantistica e fotovoltaico, e soprattutto food. Sono invece scomparse le botteghe dei mestieri antichi o sono sempre più rari, come la lavorazione della porcellana e della ceramica, l’artigianato artistico.
Rischiano si scomparire anche i vecchi bottegai di San Gregorio Armeno. Al contrario, aumentano le officine di autoriparazione: la maggior parte si è trasformata in centri di revisione a danno dei singoli gommisti, sempre più pochi. «Ci troviamo di fronte a un cambiamento strutturale dell’assetto delle imprese che risponde a quella che è un’evoluzione dei consumi, delle abitudini delle famiglie, delle persone, di nuove esigenze che stanno emergendo e di vecchie tradizioni che vanno purtroppo scomparendo. Stiamo assistendo, quindi, da un lato al calo strutturale in alcuni settori dovuto a una riorganizzazione complessiva dell’economia e del lavoro a livello globale; dall’altro alle dinamiche di alcuni comparti che risentono di politiche congiunturali, come le costruzioni», evidenzia Fabrizio Luongo, segretario di Casartigiani Napoli.
«Purtroppo oggi i giovani prestano maggiore attenzione ai dispositivi elettronici, come computer e telefonini, ma minore attrattività verso alcune tipologie di lavoro, figlie sicuramente anche in questo caso di un’evoluzione della società, che vede con minor simpatia alcuni tipi di attività, pur essendo queste non meno utili e non meno remunerative».
Crescono così i professionisti del benessere, come acconciatori, estetisti, tatuatori e nel food. E la città s’impoverisce. Nella metà del secolo scorso, tanto per fare un esempio, il Vomero registrava alcune decine di botteghe storiche con ricadute positive sull’occupazione. Da alcuni anni invece molte attività hanno chiuso i battenti ed al loro posto sono spuntati come funghi pizzetterie e gelaterie.
L’analisi territoriale a cura dell’Ufficio Studi di Casartigiani Napoli evidenzia che il 20,1 per cento delle imprese artigianali complessive opera soprattutto nel territorio partenopeo (21,7%), mentre sono in calo ad Avellino, Benevento e Caserta, ma è elevato il numero di quelle che hanno abbassato le saracinesche preferendo mettere fine alle loro attività per lavorare come invisibili presso gli stessi clienti.
«Purtroppo oggi l’artigianato non è sostenuto da una legge regionale - spiega Luongo -. C’è ancora molto abusivismo, l’abolizione nel 2016 dell’apposito albo da parte della Regione Campania, sostituito dal Registro delle imprese, è stata una scelta infelice in quanto non riconosce un ruolo ed una dignità ad un comparto ancora vitale dell’economia campana, dell’occupazione e del turismo».
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