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Camorra
15 Ottobre 2024 - 09:04
L’ex boss del Vomero Luigi Cimmino, 63 anni
NAPOLI. Cinque ospedali napoletani nel mirino dell’Alleanza di Secondigliano: «Io e Giulio De Angioletti gestivamo il giro di estorsioni al loro interno e poi distribuivamo il denaro. Arrivavano un sacco di soldi. Anche i lavori nelle stazioni metropolitane dell’area collinare, compresa quella di Materdei, erano di nostra “competenza”».
L’ex boss del Vomero Luigi Cimmino, per anni capo indiscusso dell’omonimo clan, ieri mattina è stato esaminato in aula nell’ambito del processo che si sta celebrando con la formula dibattimentale e che vede alla sbarra l’ala “imprenditoriale” della cosca. Il super pentito non ha deluso le aspettative e nel corso dell’udienza ha a lungo parlato dei suoi rapporti con i clan Mallardo, Licciardi, Contini e Lo Russo, ai quali andava «una percentuale su ogni estorsione al Vomero».
Il collaboratore di giustizia, parlando della maxi-estorsione compiuta al Cardarelli durante la costruzione dei nuovi padiglioni - in ballo c’era un appalto da oltre 50 milioni di euro - non ha però chiarito la natura dell’intervento del suo “fedelissimo” Alessandro Desio, difeso dall’avvocato Antonio Abet: «Non ho mai preso soldi per quell’estorsione, ma non escluso che altri l’abbiano fatto».
Da alcune intercettazioni realizzata all’epoca delle indagini emergeva tra l’altro una certa ruggine proprio tra l’allora boss e Desio, con quest’ultimo che avrebbe avuto degli accesi contrasti con Franco Diego Cimmino, figlio di Luigi, contestandogli alcuni ammanchi di denaro, tanto da convincere in seguito il clan a sospendere le “mesate” in favore della famiglia Cimmino. Il processo che vede alla sbarra la nuova cupola della camorra vomerese entra dunque nel vivo e gli imprenditori accusati di aver favorito gli affari della cosca di salita Arenella saranno chiamati a difendersi da accuse pesanti.
Al rito ordinario sono andati per Alessandro Desio, Massimiliano De Cicco, Anna Di Popolo, Guido Galano, Daniela Nenna, Simone Paolino, Giuseppe Sacco, Marco Salvati, Luigi Trombetta e Salvatore Zampini. Luigi Mastantuono aveva invece deciso di patteggiare la pena, mentre tutti gli altri, compresi i ras neo pentiti Luigi Cimmino e il figlio Franco Diego Cimmino, avevano optato per il rito abbreviato: processo conclusosi alcuni mesi fa con una sfilza di condanne per un ammontare di oltre trecento anni di carcere.
L’inchiesta culminata nel blitz di ottobre 2021 aveva consentito di svelare un mastodontico giro di estorsioni, in particolare nel settore ospedaliero: vera e propria specialità del clan Cimmino. Per controllare gli appalti la camorra operava attraverso estorsioni e pressioni sulle imprese, contribuendo così ad affermare il controllo sul territorio e sulle attività economiche, lecite e illecite, del quartiere collinare. Personaggio centrale dell’inchiesta era Andrea Basile, mente economica della cosca e reggente del clan da quando il boss finì in galera. Secondo l’accusa quest’ultimo, grazie al figlio Franco Diego, avrebbe continuato ad avere le mani in pasta.
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