Cerca

la sentenza

Clan Troncone, prime condanne

Nel rito abbreviato passa la linea della Dda: il ras Vitale incassa 6 anni, il figlio se la cava con 4 anni e 6 mesi

Clan Troncone, prime condanne

NAPOLI. Racket sui gadget del Napoli e sulle “bionde” di contrabbando, passa la linea della procura e per il presunto ras di Fuorigrotta Vitale Troncone e altri tre imputati arrivano quattro condanne. Il gup Visco ha condannato ieri pomeriggio il capozona di via Costantino a 6 anni di reclusione. La stessa pena è stata inflitta a Luigi Troncone, mentre il figlio del ras, Giuseppe Troncone, e Benito Divano sono riusciti a cavarsela con 4 anni e 6 mesi di reclusione a testa.

Le condanne disposte dal giudice del rito abbreviato, a onor del vero, sono state leggermente inferiori rispetto a quelle invocate a settembre scorso dal pm in sede di requisitoria, il collegio difensivo (avvocati Antonio Abet e Andrea Lucchetta per i Troncone, avvocato Nicola Pomponio per Divano) puntava però a ottenere pene ancora più basse, se non addirittura all’assoluzione. A non convincere i legali dei quattro imputati erano infatti soprattutto i rapporti tra i Troncone e la vittima dell’estorsione, un contrabbandiere di lungo corso, e i riscontri tra la testimonianza di quest’ultimo e la moglie.

Nella scorsa udienza il rampollo Giuseppe Troncone aveva chiesto di rendere una dichiarazione spontanea e ha spiegato che, a suo dire, all’epoca dei fatti era tornato da pochi mesi in libertà e non avrebbe preso parte al taglieggiamento ai danni del contrabbandiere Antonio Grillo. Anzi, ha sostenuto che «quel giorno (il riferimento è alle minacce subite dalla vittima, ndr) sono intervenuto solo quando si è buttato a terra dicendo “uccidetemi” e ho detto che nessuno gli voleva fare nulla». Di tutt’altro avviso è stata però la procura: il pm, pur ribadendo che l’esistenza del clan Troncone non è ad oggi supportata da nessuna sentenza di condanna, ha ricordato come la condotta degli imputati avrebbe avuto una metodologia tipicamente mafiosa e che, «comportandosi come un clan», sarebbero riusciti a sottomettere la vittima.

La procura aveva così chiesto 9 anni di carcere a testa per Vitale Troncone e Luigi Troncone, 7 anni per il figlio del ras Giuseppe e 6 anni per Divano. Secondo gli inquirenti bisognava infatti pagare 500 euro per poter vendere i gadget del Napoli durante la festa scudetto dello scorso maggio. A imporre il racket nel quartiere Fuorigrotta sarebbe stato il gruppo criminale che fa capo alla famiglia Troncone. Le indagini, condotte dai carabinieri del nucleo Investigativo di Napoli sotto, hanno portato al nuovo blitz anticamorra contro il gruppo di via Costantino, già colpito da un sequestro di beni sempre da parte dell’Antimafia ed eseguito dalla polizia.

Anche dietro la gestione della vendita ambulante delle sigarette di contrabbando ci sarebbero i Troncone che, con le minacce, avrebbero imposto i loro prodotti, infiltrandosi poi nella vendita dei gadget azzurri. «Ora ti sparo una botta in fronte, non ho paura di nessuno e neanche di ucciderti». E ancora: «Devi dire a tua moglie che non deve intromettersi... non ho paura di uccidervi...», sarebbero state le minacce rivolte dal ras e dal figlio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori