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Il caso
18 Ottobre 2024 - 09:37
L'immobile in via Consalvo
NAPOLI. Una vicenda che va avanti ormai da oltre trent’anni, 37 per la precisione. E che ancora non ha trovato una soluzione. Un rudere abbandonato, quello che fa triste mostra di sé a via Consalvo, al civico 43, e che continua a turbare i sonni di chi ci abita vicino. Con i legittimi proprietari che ne chiedono la demolizione e la ricostruzione e si vedono opporre da parte del Comune il vincolo della destinazione a spazio pubblico esistente.
Anche perché lo stabile è nella zona rossa dei Campi Flegrei: elemento non secondario anche per una valutazione di “pericolosità sociale”. Una vicenda che inizia il primo aprile del 1987, quando si manifestano dissesti statici che portano il Comune a disporre lo sgombero del palazzo e, pochi giorni dopo, a chiudere al traffico un tratto di via Consalvo disponendo poi, nel novembre del 1989, che fossero eseguiti lavori di pronto intervento in danno dei proprietari.
Nel 2000 l’assemblea condominiale approva il progetto definitivo per i lavori di ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione dell’edificio e sei anni dopo il Comune dà il via libera all’intervento annullato, nel giugno dello stesso anno, dalla Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio.
E un mese dopo il Comune nega il permesso di costruire con la sostituzione edilizia e impone alcuni interventi per eliminare qualsiasi rischio. Nel frattempo nasce un contenzioso che finisce davanti alla giustizia amministrativa, con il Tar che nel giugno del 2008 annulla gli atti del 2006 della Soprintendenza e del Comune e il Consiglio di Stato che in sostanza conferma la decisione di primo grado.
A questo punto si comincia a vedere la luce in fondo al tunnel? Nemmeno per idea, perché viene fuori una variante al Piano regolatore generale del 2001 che destina lo spazio dove è situato il fabbricato a “spazi pubblici esistenti”. Il tutto dopo che nel 2018 la Corte di Appello di Napoli aveva attribuito le cause dei dissesti e le relative responsabilità all’Abc.
A tutt’oggi, l’edificio non è stato ancora espropriato e le attuali condizioni sono incompatibili con un intervento di ripristino comprendente l’adeguamento sismico ed energetico. A questo punto l’interrogativo di chi ha abitato lì è perché il problema della variante del 2001 non sia venuto fuori fino alla decisione della giustizia amministrativa.
E, inoltre, perché non si sia provveduto all’esproprio negli ultimi venti anni per realizzare poi le strutture sociali ritenute utili dalle previsioni del Piano regolatore. Il tutto tenendo conto anche conto del fatto che il fabbricato è in zona rossa in prossimità del varco 4 delle vie di fuga. Domande per le quali si attende ancora una risposta.
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