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Camorra
23 Ottobre 2024 - 08:41
_Le indagini sono state condotte dalla Squadra mobile; nei riquadri la vittima Gennaro Ramondino e il punto in cui è avvenuto il delitto
NAPOLI. Era indagato a piede libero, come anticipò il nostro giornale, il 16enne che ora (precisamente dallo scorso 18 ottobre, ma la notizia è stata diffusa solo ieri) è in stato d’arresto per l’omicidio di Gennaro Ramondino, il 20enne ras in erba di Pianura ucciso il 31 agosto in un sottoscala e bruciato nelle campagne della zona. Il minorenne è imparentato con una nota famiglia di malavita del rione Traiano e ha ricevuto il provvedimento restrittivo a suo carico in un istituto penale per minori in cui è rinchiuso per un agguato fallito cui avrebbe partecipato con altri del gruppo Santagata, tra cui il giovane capoclan Massimiliano Santagata.
Alla base dell’assassinio di “Genny” ci sarebbe proprio la violenza delle nuove leve della criminalità, pistoleri impulsivi se non addirittura compulsivi. Al punto che un litigio per possibili questioni di spaccio avrebbe provocato la reazione armata del giovanissimo, a meno che non si sia trattato di una trappola tesa alla vittima.
Le indagini condotte dai poliziotti della sezione “Criminalità organizzata” della Squadra mobile della questura di Napoli, coordinate dalla Dda e dalla procura per i minorenni, hanno consentito di individuare il luogo dell’omicidio, un sottoscala in via Comunale Napoli, generalmente utilizzato come piazza di spaccio - e le modalità. Il 16enne nella serata del 31 agosto avrebbe esploso all’indirizzo della vittima alcuni colpi d’arma da fuoco a bruciapelo, uccidendolo sul posto.
Poi, con l’aiuto di altre persone presenti, di alcuni complici, avrebbe trasportato il cadavere in aperta campagna, dove è stato ritrovato carbonizzato, cercando senza riuscirci di eliminare ogni traccia del delitto nei locali. Il movente starebbe, scrive la procura antimafia, in dissidi relativi alla gestione dell’attività di spaccio di stupefacenti e alla suddivisione dei proventi illeciti.
In relazione all’omicidio ma non per concorso nel reato, nelle settimane precedenti è stato sottoposto a fermo del pubblico ministero Antonio Di Napoli per favoreggiamento, occultamento e distruzione del cadavere di Ramondino e delle autovetture utilizzate per lo spostamento da via Comunale Napoli alle campagne in contrada Pisani. Nel corso delle indagini gli investigatori della Mobile (dirigente Giovanni Leuci, vice questore Giuseppe Sasso) hanno trovato anche la pistola utilizzata per sparare al 20enne, sotterrata nei dintorni.
Ovviamente va sottolineato che gli indagati, complessivamente 5, devono essere ritenuti innocenti fino all’eventuale condanna definitiva. Ramondino, napoletano di via Consalvo, era desideroso di far carriere nella malavita. Voleva emergere a tutti i costi e aveva amicizie in diversi ambienti di malavita, anche distanti tra loro, come al Vomero tra i Caiazzo e a Torre Annunziata. Proprio per questo, avrebbero accertato gli investigatori, qualcuno più esperto di lui gli aveva fatto notare che stava tirando troppo la corda nei comportamenti e nelle pretese. Non è escluso che volesse subentrare a Santagata come reggente nel nuovo gruppo.
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