Il deputato di Alleanza Verdi Sinistra, Francesco Emilio Borrelli, ha effettuato un sopralluogo sabato notte nella Galleria Umberto I di Napoli a pochi giorni dalla sparatoria tra baby gang del corso Umberto, dove ha trovato la morte il 15enne Emanuele Tufano, per verificare le misure di controllo previste in occasione della movida.
Il deputato ha riscontrato non solo degrado e rifiuti abbandonati ovunque dai giovanissimi clienti del Mc Donald’s, ma anche sedie e tavoli appoggiati sui rosoni appena recuperati oltre a resti di cibo ed escrementi un po’ dovunque. Una volta riconosciuto, Borrelli è stato oggetto di ripetuti insulti e minacce di morte da parte di gruppi di giovanissimi inneggianti alla camorra alcuni dei quali, immediatamente riconosciuti, sono figli di noti pregiudicati della zona.
«Si è trattato di un triste viaggio nel degrado e nella sub cultura criminale delle babygang tra inni alla camorra, minacce di morte e vandalismo. La situazione è completamente fuori controllo. Sabato sera c’erano non meno di 600 ragazzi che affollavano la galleria. Schiamazzi, urla, molestie ai danni dei passanti, rifiuti del Mc Donald’s abbandonati ovunque, a terra, lungo le scalinate. Un odore nauseabondo di residui di cibo circondava l’intera Galleria, mischiandosi a quello di urina ed escrementi negli angoli più nascosti» spiega Borrelli.
«Nonostante queste condizioni deprecabili, in tanti continuavano a consumare il loro pasto tra rifiuti e sporcizia. Uno spettacolo penoso che si presentava agli occhi di cittadini, turisti e spettatori del Teatro San Carlo. In molti si sono avvicinati, rigorosamente in gruppo, per insultarmi fino ad arrivare a minacciarmi di morte, gridando “viva la camorra" e vantando l’amicizia con Ugo Russo, il baby rapinatore rimasto ucciso mentre tentava di portare a segno un colpo a Santa Lucia. Alcuni di questi ragazzi sono figli di noti pregiudicati dei Quartieri Spagnoli e del Pallonetto; altri non avranno avuto più di sette-otto anni, eppure erano in giro all’una di notte senza che nessuno se ne curasse».
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