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Malanapoli

Il clan Troncone si ricompatta

Racket sulle sigarette di contrabbando, Benito Divano va ai domiciliari dopo aver rimediato quattro anni

Il clan Troncone si ricompatta

Secondo la procura e il giudice di primo grado sarebbe stato uno dei fedelissimi del presunto boss di Fuorigrotta, Vitale Troncone. Sarebbe stato suo, in particolare, il compito di consegnare le sigarette di contrabbando alla vittima del clan flegreo, Antonio Grillo, e di riscuotere la tangente estorsiva. Per questo motivo il mese scorso Benito Divano, 41enne originario di Pianura, è stato condannato a poco più di quattro anni di reclusione. Una pena severa, ma inferiore rispetto alle aspettative del pm. I colpi di scena non sono però finiti qui. Il gip Visco, dando pieno accoglimento all’istanza del difensore di Divano, l’avvocato Nicola Pomponio, ha concesso al presunto aguzzino gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico in provincia di Caserta. Già nella serata di lunedì il 41enne ha così lasciato il carcere per attenuazione delle esigenze di custodia cautelare. A fine gennaio le manette ai polsi erano scattate per Vitale Troncone, suo figlio Giuseppe Troncone e il cognato Luigi Troncone. In carcere Benito Divano, esponente dell’omonima famiglia di narcos con base a Pianura. Le indagini, condotte dai carabinieri del nucleo Investigativo di Napoli sotto il coordinamento della Dda, hanno portato al nuovo blitz anticamorra contro il clan di via Costantino, di recente già colpito da un sequestro di beni sempre da parte dell’Antimafia ed eseguito dalla polizia. Anche dietro la gestione della vendita ambulante delle sigarette di contrabbando ci sarebbero i Troncone che, con le minacce, avrebbero imposto i loro prodotti, infiltrandosi poi nella vendita dei gadget azzurri durante la festa scudetto. Durante le operazioni i carabinieri del nucleo Investigativo hanno effettuato anche una serie di perquisizioni delegate dal tribunale. «Ora ti sparo una botta (un colpo, ndr) in fronte, non ho paura di nessuno e neanche di ucciderti». E ancora: «Devi dire a tua moglie che non deve intromettersi... non ho paura di uccidervi... per colpa tua mio figlio è armato e sta rischiando di essere arrestato». Non avevano mezze misure Giuseppe e Vitale Troncone, ritenuti dagli inquirenti le figure al vertice dell’omonima famiglia malavitosa decapitata con quattro arresti notificati dai carabinieri del comando provinciale. La vittima del raid era un ambulante di Fuorigrotta, costretta a pagare il pizzo affinché la moglie potesse vendere i gadget della Ssc Napoli e anche ad acquistare ingenti quantità di sigarette di contrabbando - a prezzi maggiorati - che non era poi in grado vendere. A settembre ’23, secondo quanto riferito agli investigatori, la vittima sarebbe stata anche minacciata di morte in quanto, in quell’occasione non era riuscito a corrispondere la somma di 500 euro. La vittima sarebbe stata costretta in particolare ad acquistare un carico di 150-200 stecche di “bionde” fuorilegge, pagando ognuna 24 euro. Le accuse hanno superato il primo grado di giudizio, con il ras e Luigi condannati a 6 anni di carcere, mentre il figlio e Divano se la sono cavata con 4 anni e 6 mesi a testa.

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