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07 Novembre 2024 - 09:35
NAPOLI. La giustizia, lenta ma inesorabile, alla fine ha fatto il proprio corso e per le nuove leve della mala del Cavone le condanne di appello sono diventate definitive. La Corte di Cassazione ieri mattina ha rigettato i ricorsi presentati da Salvatore Cianciulli, Gianluca Testa, Salvatore Festa ed Emanuele Testa, stabilendo dunque la loro colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. L’unica pena rideterminata è stata quella a carico dell’emergente ras Francesco Lepre, difeso dagli avvocati Domenico Dello Iacono e Claudio Davino, che ha rimediato uno “sconto” di tre mesi.
In appello tutti e cinque gli imputati, accusati di una tentata estorsione da 30mila euro ai danni del titolare di un’agenzia di scommesse, nonostante le ammissioni avevano incassato pene consistenti: Salvatore Cianciulli e Gianluca Testa, 6 anni e 8 mesi a testa; Salvatore Festa e Francesco Lepre, 5 anni a testa; mentre Emanuele Testa era stato condannato a 2 anni e 8 mesi. A maggio scorso il figlio del defunto boss del Cavone era però riuscito a ottenere gli arresti domiciliari.
Sta in due informative, una della polizia e l’altra dei carabinieri, il retroscena degli arresti che un paio di anni fa hanno decapitato il clan Lepre, tornato forte dopo un periodo di crisi susseguente alla morte per malattia del boss Ciro “’o sceriffo”. In entrambe le relazioni si individuano il luogo di ritrovo degli uomini del gruppo malavitoso e i componenti, con tanto di annotazione degli incontri con esponenti dei Masiello e Saltalamacchia dei Quartieri Spagnoli.
Così le operazioni a ripetizione tra fine giugno e inizio luglio 2022 della Squadra mobile hanno permesso di identificare i presunti autori di varie estorsioni. Quanto alle accuse oggetto del procedimento appena definitosi, Salvatore Cianciulli “Masaniello”, imparentato con i Lepre, e Gianluca Testa “’o fagiano” sono ritenuti il numero uno e il vice dello storico clan del Cavone fondato dal defunto boss Ciro Lepre “’o sceriffo”.
A puntare il dito contro di loro è stato il titolare di un’agenzia di scommesse sotto scacco dal 2010, il quale ha raccontato di essere stato invitato perentoriamente a presentarsi al cospetto di “Masaniello”, nel cui appartamento ha trovato armato di pistola anche Gianluca Testa. Se non avesse voluto problemi nell’attività lavorativa avrebbe dovuto consegnare 30mila euro di “pizzo” e alle sue rimostranze, il ras gli avrebbe mollato un ceffone.
Così, arrabbiato e al tempo stesso intimorito, si è recato in questura e ha denunciato l’accaduto scoperchiando il vaso di Pandora relativo alle estorsioni subite nel corso degli anni. Con Cianciulli e Gianluca Testa sono imputati il figlio di quest’ultimo, Emanuele, Francesco Lepre “’o figlio do sceriffo”, e Salvatore Festa “’o kikk”. Tutti rappresenterebbero una parte consistente del clan Lepre, di cui alcuni affiliati vengono nominati in un’intercettazione a casa di un emergente malavitoso dei Quartieri Spagnoli: Ciro Minieri, che, in contrasto con i giovani del Cavone, indicava ai soci i possibili bersagli.
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