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Due omicidi, nessun ergastolo

Delitto De Caro-Bevilacqua, il boss Lo Russo se la cava con 20 anni di carcere

Due omicidi, nessun ergastolo

NAPOLI. Niente stangata per i boss irriducibili di Miano e Secondigliano. Nonostante la pesantissima accusa di duplice tentato omicidio, Giuseppe Lo Russo, ultimo dei “Capitoni” a non essersi mai pentito, ieri mattina è stato condannato dal gup Salvatore a 20 anni di reclusione. Il giudice ha dunque accolto la linea portata avanti in aula dei difensori del boss, gli avvocati Antonio Abet e Domenico Dello Iacono, riconoscendo il vincolo della continuazione tra l’assassinio di Angelo De Caro e quello di Pasquale Bevilacqua.

Per Lo Russo il pm aveva chiesto la pena dell’ergastolo. Vincenzo Licciardi ha invece incassato 30 anni di carcere, mentre per Gaetano Bocchetti, difeso da Mauro Valentino, il gup ha dichiarato l’improcedibilità. Per loro la procura aveva invocato 30 anni di carcere a testa. A giugno scorso si era già consumato un importante colpo di scena. L’udienza aveva visto l’uscita di scena di uno degli imputati eccellenti, il presunto “filatore” Carmine Costagliola, “Provolino”, la cui posizione è stata stralciata per improcedibilità e pertanto è stato dichiarato prosciolto.

I due omicidi erano maturati nell’ambito di un patto tra la camorra di Miano e quella di Secondigliano. A processo erano così finiti i ras Giuseppe Lo Russo, Vincenzo Licciardi, Gaetano Bocchetti e Carmine Costagliola, alias “Provolino”. Tutti avevano chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato. Nel corso dell’udienza preliminare il collegio difensivo (avvocati Antonio Abet, Domenico Dello Iacono, Antonio Cardillo, Mauro Valentino e Giuseppe Biondi) aveva eccepito la nullità del decreto di giudizio immediato, all’interno del quale non sarebbe state riportate alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia. Secondo i legali dei quattro imputati l’indagine non sarebbe stata inoltre riaperta con tempestività.

La prima richiesta di archiviazione risaliva infatti al 2002 e l’inchiesta sui delitti è stata riaperta il 29 aprile 2023, due giorni dopo il nuovo interrogatorio dell’ex boss e killer Carlo Lo Russo. Le difese avevano quindi sostenuto che la procura disponesse già prima di quel giorno degli elementi necessari a riaprire il fascicolo. L’istanza è stata però rigettata. Lo Russo era indiziato di entrambi i delitti, Licciardi e Bocchetti di quello di Bevilacqua, mentre Costagliola di quello di De Caro. Per la sua morte, avvenuta il 6 giugno 1990, erano accusati, oltre a Lo Russo, organizzatore, e a Ettore Sabatino, autoaccusatosi come esecutore, anche “Provolino” e i defunti Gennaro Sacco e Gennaro Licciardi. De Caro fu ucciso mentre era a letto in casa della compagna e i killer sarebbero entrati proprio grazie al contributo di “provolino”. Sacco avrebbe poi recuperato il killer Sabatino. Gennaro Licciardi sarebbe stato il mandante e avrebbe chiesto a Lo Russo di mettere la parola fine ai contrasti tra il clan della Masseria e De Caro. Dell’omicidio Bevilaqua, ucciso per un’epurazione interna ai “Capitoni”, rispondevano anche Vincenzo Licciardi e Gaetano Bocchetti.

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