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Il processo
22 Novembre 2024 - 08:37
Nei riquadri il boss Antonio Genidoni, la madre Addolorata Spina, la moglie Vincenza Esposito e Alessandro Daniello
NAPOLI. Strage nel circoletto delle Fontanelle, a otto anni di distanza dalla micidiale imboscata culminata in due omicidi e tre tentati omicidi, arriva l’ultimo verdetto. Dopo il precedente annullamento ottenuto dalla Cassazione, ieri pomeriggio Addolorata Spina, Vincenza Esposito, rispettivamente madre e moglie del boss della Sanità Antonio Genidoni, e Alessandro Daniello si sono visti confermare la condanna all’ergastolo.
Dunque, nessuno sconto per i tre imputati accusati di aver agevolato l’azione dei killer che assassinarono, il 22 aprile 2016, Giuseppe Vastarella e Salvatore Vigna, e ferito gravemente Dario Vastarella, Antonio Vastarella e Alessandro Ciotola, nipote del ras rivale Patrizio Vastarella. Il clamoroso agguato avvenne in un periodo di terrore per il quartiere caro a Totò, subito dopo l’omicidio di Pietro Esposito detto “Pierino”.
Ma le indagini dei poliziotti della Squadra mobile e del commissariato San Carlo Arena, coordinate dalla Dda, seguirono subito la pista rivelatasi poi corretta: lo scontro tra il gruppo autore dell’incursione nel circoletto e i Vastarella, alleati di Secondigliano. Gli ergastoli erano già stati confermati il 20 gennaio 2023 nel primo processo di appello. La corte di assise di appello aveva infatti inflitto la pena massima al boss mandante Antonio Genidoni e agli altri coimputati accusati di avere a vario titolo concorso nell’agguato costato la vita a Giuseppe Vastarella e Salvatore Vigna.
Nel raid rimasero ferite anche tre persone collegate al clan delle Fontanelle. Il pm in primo grado, riconoscendo le attenuanti generiche, aveva chiesto trent’anni di reclusione per Vincenza Esposito, ma la condanna inflitta anche in appello era andata oltre le richiesta. Per gli altri, tra cui Emanuele Esposito e Alessandro Daniello, carcere a vita. Il giovane capo del clan della Sanità, figlio naturale del defunto boss “Pierino” Esposito, a sua volta ucciso in agguato di camorra pochi mesi prima, aveva sempre professato la propria innocenza.
Ma la sua difesa e le accuse ai pentiti che l’hanno accusato prima e durante il processo sono cadute nel vuoto. Intercettazioni telefoniche e ambientali hanno confermato, secondo i giudici, la tesi della procura antimafia. La vicenda che ha portato i “Barbudos” (così soprannominati negli ambienti di camorra) alla sbarra è purtroppo tristemente nota. I cinque imputati erano finiti a giudizio in quanto a vario titolo accusati di essere i responsabili del duplice omicidio consumatosi la sera del 22 aprile del 2016 nel circolo ricreativo di via Fontanelle.
Il raid arrivò a pochi mesi di distanza da un altro clamoroso agguato, quello che costò la vita al capoclan Pietro Esposito, padre di Antonio Genidoni, assassinato di domenica pomeriggio in piazza San Vincenzo, mentre girava in moto nel cuore del quartiere che diede i natali a Totò. Alla strage di via Fontanelle fece poi seguito in risposta, il 7 maggio 2016, l’assassinio del padre e del fratello di Emanuele Esposito, trucidati nella loro autofficina in località Marano.
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