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Colpo di scena in Cassazione

Faida della Sanità, salva lady Vastarella

Annullata per la seconda volta la condanna a 8 anni

Faida della Sanità, salva lady Vastarella

Nei riquadri l’imputata Addolorata Staterini e il marito boss Patrizio Vastarella, capo del clan di via Fontanelle

NAPOLI. Il decreto con cui erano state autorizzate le intercettazioni che sembravano incastrarla sarebbe stato illegittimo e, stando almeno alla linea difensiva, nessuno di quei dialoghi avrebbe in ogni caso dimostrato il suo ruolo attivo negli affari del clan di via Fontanelle, cuore pulsante del rione Sanità.

A distanza di due anni dal precedente annullamento da parte della Corte di Cassazione, Addolorata Staterini, moglie del boss Patrizio Vastarella, ottiene un nuovo verdetto favorevole. Gli Ermellini della quinta sezione, accogliendo in pieno il ricorso del difensore della presunta ras, l’avvocato Andrea Imperato, hanno annullato per la seconda volta la sentenza di condanna, ritrasmettendo gli atti a una nuova sezione della corte di appello di Napoli.

La 49enne della Sanità continuerà dunque ad assistere a piede libero al prosieguo dell’iter processuale che la vede protagonista dopo il blitz del 2018. Reduce da una condanna a otto anni di reclusione, Dora Staterini era stata scarcerata in seguito al primo verdetto favorevole, pronunciato dalla Cassazione a fine marzo 2022.

Il principale colpo di scena aveva infatti riguardato le posizioni di lady Vastarella, difesa dall’avvocato Andrea Imperato, e Vincenzo Di Lorenzo, difeso dall’avvocato Dario Carmine Procentese. I legali dei due imputati già nei due precedenti processi di merito avevano sostenuto a gran voce l’innocenza dei propri assistiti, mettendo l’accento su alcune zone d’ombra che sarebbero emerse dalle dichiarazioni del pentito Daniele Pandolfi, oltre che da alcune intercettazioni.

Addolorata Staterini, in particolare, è stata inquadrata dagli inquirenti coma una delle figure di vertice della cosca: sarebbe stata lei, forte del suo status di consorte del boss, a godere di fiducia incondizionata, tanto da gestire in totale autonomia la cassa della cosca e fare all’occorrenza da messaggera tra il marito Patrizio e gli affiliati. Compromessa anche la posizione di Vincenzo Di Lorenzo, che secondo il pentito Pandolfi avrebbe fatto parte della batteria di fuoco del clan.

L’imputato era tra l’altro solito frequentare l’abitazione del rampollo Fabio Vastarella: segno, sempre secondo il collaboratore di giustizia, della sua vicinanza ai vertici del clan. Sulla scorta di questo quadro indiziario Staterini e Di Lorenzo, dopo il blitz del 2018, sono stati condannati a otto anni di reclusione a testa.

Di quelle accuse, però, dopo il primo vaglio della Cassazione era rimasto ben poco. Dando ampio accoglimento alle argomentazioni difensive, la Suprema Corte aveva infatti annullato le due condanne e disposto la celebrazione di un nuovo processo d’appello.

Non solo, essendo nel frattempo ormai decorsi i termini di custodia cautelare, per Staterini e Di Lorenzo era anche scattata l’immediata scarcerazione, con il solo obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Il loro ritorno in libertà aveva tra l’altro innescato più di qualche fibrillazione tra i vicoli del quartiere. Un copione che adesso, con il secondo annullamento, si è ripetuto.

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