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Il processo

Rita Granata, 8 anni al pirata

Dopo il verdetto, la commozione dei parenti della vittima: «Soddisfatti, ma nessuno ci ridarà nostra figlia»

NAPOLI. Omicidio stradale in via Leopardi, passa la linea della procura e il giovane automobilista che, sotto l’effetto di alcol e cannabis, ha ucciso a maggio scorso la 27enne Rita Granata incassa otto anni di reclusione. È questa le pena inflitta ieri mattina al pirata della strada dal gup Campanile del tribunale di Napoli.

L’imputato, Antonio Riccio, nel corso dell’udienza ha reso una breve dichiarazione spontanea, spiegando che se oggi potesse tornare indietro non si rimetterebbe al volante. Le scuse alla vittima e ai parenti non sono però arrivate.

Il verdetto è stato commentato a caldo da Luigi Granata, padre della vittima, che dopo la sentenza ha dichiarato: «Ha avuto il massimo previsto dalla legge e da questo punto di vista possiamo ritenerci soddisfatti». Ma è una soddisfazione amara quella di Granata, padre di Rita, la 27enne travolta e uccisa da un pirata della strada lo scorso 5 maggio in via Leopardi, a Fuorigrotta.

«Nonostante la sentenza per noi favorevole - ha poi aggiunto il genitore - resta una forte rabbia per aver perso una figlia in un modo così assurdo. Lui (l’imputato, ndr) ha pensato solo a se stesso, sia quella notte che poi nel corso del processo, senza mai chiederci scusa, aggiungendo altro dolore a una famiglia già distrutta».

Prima dell’udienza gli amici e i parenti di Rita avevano organizzato un sit-in all’esterno del nuovo palazzo di giustizia per invocare una pena esemplare in occasione del rito abbreviato che ha visto alla sbarra il conducente, risultato poi sotto gli effetti di sostanze alcoliche e stupefacenti, e pertanto accusato dell’omicidio stradale di Rita Granata, 27 anni, mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali nella centrale via Leopardi.

L’imputato era anche responsabile di omissione di soccorso, in quanto, dopo aver sbalzato col suo veicolo ad almeno 30 metri dal luogo dell’impatto il corpo di Rita, continuò la sua folle corsa oltre i limiti di velocità consentiti, così come accertato da rilievi tecnici.

Rita morì dopo tre giorni di agonia, dopo essere stata prima soccorsa all’ospedale San Paolo e successivamente all’ospedale Umberto I di Nocera Inferiore, dove subì anche un’operazione per strapparla dalla morte.

I genitori tengono a precisare che la loro figlia vive ancora attraverso dieci persone, in quanto loro decisero di rispettare l’eccezionale altruismo di Rita che, con la donazione dei suoi organi ha strappato dalla morte certa queste persone che erano in attesa di trapianto di organi.

Questa tragica notizia di cronaca girò allora su tutto il territorio nazionale anche perché Rita era una giovane ragazza interessata ad aiutare le fasce deboli del territorio e anche a migliorarlo. Inserita tra le giovani promesse della politica, cintura nera di judo e presidente di giuria di Judo della Fijlkam, nonché manager di una importante società internazionale di Roma.

La sua ultima aspirazione per la quale stava ulteriormente approfondendo i suoi studi era quello di diventare un magistrato. Un sogno interrotto purtroppo sul nascere.

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