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Napoli, occupato il liceo classico Vico

Gli studenti contestano il ministro Valditara e il ddl condotta

Napoli, occupato il liceo classico Vico

Occupato il liceo classico Gian Battista Vico di Napoli. “Sospendiamo il ddl 1660, sospendiamo Valditara!", lo slogan della protesta.

«Quello che vediamo intorno a noi - spiegano gli studenti e le studentesse - è uno scenario ormai più che preoccupante: il ddl condotta del ministro dell'Istruzione e del merito, attivo da quest'anno, non è che un riflesso, un piccolo tassello che però entra nelle nostre scuole in maniera più esplicita ed evidente di altri. Noi, a partire da questo disegno legge, vogliamo smascherare il filo che lega le inquietanti tendenze dell'ultimo periodo».

L'obiettivo, evidenziano, è «far pesare molto di più la condotta disciplinare sul profitto scolastico, andando tra l'altro in aperto contrasto con lo statuto delle studentesse e degli studenti».

«Ricordiamoci che Valditara - ancora gli alunni del Vico - è lo stesso ministro che poco fa ha sospeso per tre mesi con un terzo dello stipendio un professore, Christian Raimo, per la grave colpa di aver espresso (non in classe) un'opinione severa e critica nei suoi confronti. Il messaggio che arriva a noi studenti è "imparate fin da sublto che dissentire vuol dire essere puniti, essere sospesi, essere isolati", vittima di questo ddl sarà chi si mobilita nelle proprie scuole anche attraverso atti di disobbedienza civile, scoraggiando la partecipazione degli studenti alla vita politica. Ma le politiche dettate dal ministero dell'istruzione si ineriscono in un contesto di repressione molto più ampio».

Gli studenti prendono di mira il ddl 1660, il ddl sicurezza: «Questa legge - affermano - introduce nuovi reati ed estende sanzioni e aggravanti, criminalizzando pesantemente le proteste pacifiche e andando a colpire quasi unicamente le fasce più marginalizzate del tessuto sociale, detenuti, migranti, attivisti. Degna di nota è la vaghezza con cui notiamo essere descritti i vari nuovi reati, un arbitrarietà che rende chiunque facilmente incriminabile».

Gli studenti vogliono opporsi «fermamente a questa deriva securitaria. È impellente - dicono - la necessità di decostruire pezzo per pezzo la realtà di cui facciamo parte per realizzarne una che sia attraversabile da tutte le soggettività, libera da ogni dinamica patriarcale e di abuso di autorità, dove il dissenso è parte del processo di crescita e non cosa da criminalizzare, soprattutto in questo clima di militarismo e tensioni diffuse. La scuola è la prima a dover essere coinvolta in questo processo di cambiamento».

Tornando alla condotta, rilanciano: «Il decreto sarebbe stato introdotto a seguito di un aumento delle aggressioni da parte di giovani a danno di docenti e collaboratori. Noi qui a Napoli della deriva violenta degli adolescenti ne sappiamo qualcosa. E non sono dinamiche risolvibili con una riforma che vorrebbe dare soluzioni semplicistiche e superficiali a problemi sociali complessi, del resto la logica è la stessa del decreto Caivano, che aumentando carcere e repressione ha ottenuto l'unico risultato di avere per le strade più polizia e meno caivanesi. "Con questa riforma studenti più responsabili" dichiara il ministro Valditara. Se i ragazzi e le ragazze con comportamenti realmente difficili il ministro li conoscesse (e per realmente difficili intendiamo aggressioni a compagni o docenti), saprebbe che non esiste mondo in cui questa riforma possa produrre "studenti più responsabili" e non un aumento dell'odio e della frustrazione nei confronti del luogo che dovrebbe dare le basi della convivenza e dello stare insieme».

«Ma - concludono - dalla scuola del merito e della buona condotta di Valditara, chi ne avrebbe più bisogno è costantemente tagliato fuori. La sicurezza passa per lo sviluppo del pensiero critico e per la responsabilizzazione dell'individuo, che non vuol dire altro che imparare a prendersi cura di sè stessi, dell'altro, della propria comunità e dei propri territori, la sicurezza reale non passa per la repressione, ma per istruzione e diritti sociali. Ed è proprio quando questi vengono minacciati che la lotta deve farsi più dura». 

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