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Camorra
04 Dicembre 2024 - 09:53
Primi scricchiolii nella dirompente inchiesta che ad aprile 2022, con l’esecuzione di oltre cinquanta arresti, aveva decapitato l’ala imprenditoriale del clan Moccia. Ieri pomeriggio la quinta sezione della corte di appello di Napoli ha riformato la sentenza emessa dal giudice del rito abbreviato, che aveva condannato per la partecipazione alla cosca afragolese 17 persone ritenute a vario titolo partecipi e affiliate nell’ambito dell’inchiesta denominata “Morfeo”. Queste le pene rideterminate ieri in appello: Nicola Avverso, difeso dall’avvocato Domenico Dello Iacono, 6 anni e 8 mesi; Pasquale Carrese, difeso dall’avvocato Dario Carmine Procentese, 7 anni e 4 mesi; Vincenzo Caputo, difeso dall’avvocato Michele Caiafa, 6 anni e 8 mesi; Anna Ceriello, difesa dall’avvocato Alfredo Durante, 5 anni e 6 mesi; Giovanni Forte, difeso dall’avvocato Procentese, 6 anni e 8 mesi; Antonio Amabile, 8 anni e 4 mesi; Raffaele Castaldo, difeso dall’avvocato Caiafa, 6 anni e 8 mesi; Santo Silvestro, 7 anni e 4 mesi; Domenico Cimini, difeso dall’avvocato Davino. 21 anni e 4 mesi in continuazione con altre sentenze; Anselmo Vitucci, 17 anni; Antonio Donatore, 7 anni e 8 mesi; Giuseppe Puzio, 9 anni e 2 mesi; Tommaso Paribello, 7 anni e 8 mesi . Il pentito Michele Puzio ha incassato 19 anni e 9 mesi. Clamorosa assoluzione per l’imprenditore Enrico Petrillo, in primo grado era stato condannato a 8 anni per concorso esterno nel clan. L’imprenditore edile è stato ieri assolto con formula ampia sebbene a suo carico ci fossero le dichiarazioni di numerosi pentiti, tra cui Michele Puzio, Salvatore Scafuto, Antonio Cinquegrana e Rocco D’Angelo. A carico di Petrillo c’erano anche delle intercettazioni telefoniche e ambientali, che secondo il giudice di primo grado si erano rilevate decisive per l’accertamento della sua responsabilità. In particolare il giudice aveva valorizzato una lunghissima intercettazione tra Petrillo e Salvatore Zimbaldi (condannato in via definitiva per concorso esterno), dove il primo spiegava il suo rapporto con la famiglia Moccia e in particolare con Luigi e Antonio Moccia. Nonostante un quadro probatorio apparentemente schiacciante, i giudici della corte di appello hanno condiviso le argomentazioni degli avvocati difensori Dario Carmine Procentese e Giovanni Vignola e hanno assolto con formula ampia Petrillo per il quale è stata anche disposta dalla corte l’immediata scarcerazione. L’attività investigativa aveva permesso di far luce sulla struttura del clan Moccia, organizzata su diversi livelli di comando e competenza territoriale. Naturalmente a capo dell’holding, erano stati individuati i fratelli Angelo, Luigi, Antonio Moccia (che hanno scelto il dibattimento) e il loro cognato Filippo Iazzetta, marito di Teresa Moccia. Tra gli affari gestiti dal clan vi sarebbero: il recupero degli olii esausti di origine animale-vegetale di tipo alimentare e degli scarti di macellazione, nonché nei grandi appalti ferroviari e dell’alta velocità.
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