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STUDIO DEMOSKOPIKA
11 Dicembre 2024 - 08:32
Turisti a San Gregorio Armeno
NAPOLI. Sarebbe pari a 3,3 miliardi di euro, il giro d’affari della criminalità organizzata italiana derivante dall’infiltrazione nell’economia legale del settore turistico del Belpaese di cui quasi 1,5 miliardi di euro, pari a poco meno della metà del totale, concentrato nelle realtà del Nord.
È quanto emerge da uno studio realizzato da Demoskopika che ha stimato l’attività di welfare criminale delle mafie sul comparto turistico elaborando una serie di dati rilevati da alcune fonti ufficiali o autorevoli: Unioncamere, Direzione Investigativa Antimafia, Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Istat, Cerved e Banca d'Italia.
Un’attività sempre più pervasiva di controllo del territorio che metterebbe a rischio quasi 7mila imprese attive pari al 14,2 per cento su un totale di oltre 48mila realtà a “rischio default”, maggiormente fiaccate da crisi di liquidità e indebitamento e, dunque, più vulnerabili al “welfare criminale” delle mafie che dispongono, al contrario, di ingenti risorse finanziarie pronte per essere “ripulite”. ’Ndrangheta e camorra consolidano il loro rafforzamento criminale con 2,6 miliardi di euro di potenziali introiti criminali generati dal controllo del sistema turistico del Belpaese.
Sono nove i sistemi regionali, infine, con il livello di rischio più elevato, secondo l’indice ideato da Demoskopika, con in testa Campania, Lombardia e Lazios seguite da Puglia, Sicilia, Liguria, Emilia Romagna, Piemonte e Calabria. In particolare, rileva lo studio di Demoskopika, a pesare sul primato negativo della Campania, i 67 alberghi e ristoranti confiscati, pari al 21,8 per cento sul totale delle strutture turistiche confiscate dalle autorità competenti, le quasi 2mila richieste di avvio di istruttorie antimafia connesse al Pnrr, i 155 provvedimenti interdittivi antimafia emessi dagli Uffici Territoriali del Governo, nell’intero anno 2023, a seguito degli approfondimenti svolti dalle articolazioni della Dia e, infine, le quasi 16mila operazioni finanziarie sospette comprendenti anche le sos a rischio criminalità organizzata.
A completare l’area caratterizzata da un livello “alto” di infiltrazione economica nel comparto turistico, in relazione a pesi diversi ottenuti sugli indicatori individuati, si collocano Lombardia, Lazio, Puglia, Sicilia, Liguria, Emilia Romagna, Piemonte e Calabria. Sei i sistemi turistici a presentare una minore vulnerabilità: Valle d’Aosta, Molise, Friuli Venezia Giulia, Basilicata, Umbria e TrentinoAlto Adige.
Ammonta quindi a 3.300 milioni di euro la stima dei proventi della criminalità organizzata derivante dall’infiltrazione economica nel comparto turistico italiano. L’analisi evidenzia l’assoluto primato della ’ndrangheta con un giro d’affari di 1.650 milioni di euro, pari al 50 per cento degli introiti complessivi, immediatamente seguita da camorra con 950 milioni di euro (28,8), mafia con 400 milioni di euro (12,1) e criminalità organizzata pugliese e lucana con 300 milioni di euro (9,1).
Nelle realtà territoriali caratterizzate da un maggiore rischio di infiltrazione economica della criminalità organizzata, infine, si concentra quasi ben il 75 per cento del giro d’affari dei proventi illegali, quantificabile in 2.465 milioni di euro: Campania (380 milioni di euro), Lombardia (560), Lazio (430), Puglia (200), Sicilia (190). Ben 48,5mila imprese del settore turistico, si legge ancora nello studio, sarebbero a rischio default con una contrazione del fatturato pari a oltre 14,5 miliardi di euro.
Sono nove i sistemi turistici locali a presentare un’incidenza percentuale maggiore rispetto alla media italiana. Tra questi, Abruzzo con 250 imprese più permeabili all’ingresso di capitali illegali su un totale di 1.400; Basilicata con 85 realtà imprenditoriali su un totale di 500; Calabria con 300 su.850; Campania con 920 aziende maggiormente vulnerabili su 6.060 imprese; Emilia Romagna con 400 su 2.750.
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