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il processo
13 Dicembre 2024 - 09:06
NAPOLI. Un raid micidiale e dagli esiti potenzialmente devastanti. Anzi, fatali. Ad andarci di mezzo, in quella tragica sera del 23 maggio dello scorso, era stata una bimba di appena dieci anni, centrata da un colpo di pistola alla testa e sopravvissuta solo dopo una lunga degenza e diversi, delicatissimi interventi chirurgici. Per uno dei presunti componenti del commando entrato in azione a Sant’Anastasia, Giuseppe Guardiglio, oggi 18enne ma minorenne all’epoca dei fatti, ieri mattina è arrivata la condanna nel secondo grado di giudizio.
I colpi di scena non sono mancati. Guardiglio, difeso dall’avvocato Domenico Dello Iacono, è riuscito a cavarsela con una condanna, da parte della corte di appello del tribunale per i Minorenni, a 6 anni e 6 mesi di carcere: una pena quasi dimezzata rispetto a quanto rimediato in primo grado, quando gli anni inflitti furono invece dieci. Anche quello fu però un verdetto che non aveva del tutto soddisfatto le aspettative della procura: il pubblico ministero aveva infatti chiesto per Guardiglio 15 anni e 6 mesi di reclusione.
Il complice, Emanuele Civita, era stato invece condannato a 14 anni dal tribunale ordinario. Una ritorsione contro dei rivali. Sarebbe stato questo il movente dietro i colpi di arma da fuoco esplosi davanti a un bar di piazza Ammiraglio Carlo Cattaneo, nella cittadina vesuviana.
Secondo gli investigatori, i colpi erano stati esplosi da due individui arrivati a bordo di uno scooter e armati di mitra e revolver. Alla guida della moto ci sarebbe stato Emanuele Civita, di Somma Vesuviana. Insieme a lui l’allora 17enne di Sant’Anastasia. Entrambi furono raggiunti da altrettanti decreti di fermo di indiziato di delitto, emessi dalle procure della Repubblica presso il tribunale di Napoli-Dda e presso il tribunale per i Minorenni di Napoli.
Erano gravemente indiziati di tentato omicidio e porto illegale di arma in concorso. Il 19enne avrebbe accompagnato in sella allo scooter il più giovane e avrebbe anche sparato insieme a lui. Avrebbero esploso almeno dieci colpi verso la piazza. Il secondo ragazzo avrebbe litigato con altri giovani e avrebbe voluto vendicarsi di loro. Le motivazioni alla base del litigio non sono chiare. Fatto sta che i proiettili esplosi hanno finito per ferire la famiglia Basile e non i loro rivali. In quel momento, fuori al bar Altamura non c’erano solo i giovani ma anche la mamma, il papà e i due bambini a mangiare un gelato. Non immaginavano quella successiva escalation di violenza.
I giovani avrebbero prima ostentato le proprie armi in atteggiamento aggressivo e poi, sfrecciando in piazza in sella allo scooter, avrebbero raggiunto i rivali ed esploso i colpi di revolver e di mitra. L’identificazione dei giovani era stata possibile grazie alle immediate indagini dei militari dell’Arma, i quali avevano acquisito i filmati di diverse telecamere presenti nell’area e raccolto informazioni da diversi testimoni oculari. Nel raid rimasero ferite la piccola Assunta Basile, dieci anni appena, e la mamma Anna Di Rosa.
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