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Clan Moccia
16 Dicembre 2024 - 09:18
Negli atti dell’inchiesta sul clan Moccia che ha portato martedì scorso all’emissione di 6 fermi, c’è anche la ricostruzione del tentato omicidio del 20 novembre scorso di Salvatore Barbato e Mauro Sorrentino, quest’ultimo ferito casualmente secondo gli inquirenti. Gli autori del raid armato ancora non sono stati individuati, ma dalle intercettazioni appare chiaro il contesto in cui è maturato. Era in atto proprio in quei giorni un violento contrasto tra i vecchi ras e il nuovo gruppo di trafficanti di droga a Casoria, contrapposizione che vedeva protagonista “Totor o’ can”, tant’è vero che aveva subito un’intimidazione a colpi d’arma da fuoco. Le indagini, condotte dagli investigatori dell’Area II” della Sisco di Napoli (dirigente Massimiliano Russo) e dai colleghi della Squadra mobile partenopea (dirigente Giovanni Leuci), hanno ricostruito un episodio emblematico avvenuto il giorno prima. Quando Salvatore Barbato cercava qualcuno e non trovandolo, aveva minacciato il fratello alla presenza di una terza persona che cercava di calmare il ras. Ecco alcuni passaggi della conversazione. «Diglielo a tuo fratello, la prossima volta la botta nella finestra di a casa di mia sorella, uccido te e quella….di tua madre. Ti uccido, capito? Ti uccido». Martedì scorso, tra gli altri, è finito in manette il ras Mauro Franzese, alias “Maruzziell”, 55 anni, storico esponente della potente cosca con base tra Afragola e Casoria. Col capozona sono finiti in carcere anche altri 5 presunti fedelissimi: Salvatore Barbato “’Totor ’o can”, 57 anni; Salvatore Ambrosio “’o chiatton”, 31 anni; Jonathan Piglia, 29 anni; Vincenzo Russo “’o magone”, 41 anni; e Salvatore Iorio “Totore ’o siciliano”, 40 anni. Tutti, a seconda delle varie posizioni, accusati di associazione mafiosa, oltre che dei reati di armi, droga, estorsione e tentata estorsione. Il blitz è scattato al termine dell’attività di indagine che negli ultimi 12 mesi ha visto impegnati ipoliziotti della Sisco e della Squadra mobile coordinati dai sostituti procuratori Ilaria Sasso del Verme e Giorgia De Ponte e dall’aggiunto Sergio Ferrigno. Dalla lettura delle 174 pagine del decreto di fermo si apprende che il capo dell’organizzazione sarebbe stato il boss Franzese, referente del clan Moccia nel territorio di Casoria. La cosca, a partire da gennaio scorso, avrebbe in particolare messo in atto una strategia criminale serratissima finalizzata ad acquisire il controllo egemonico del territorio «attraverso l’imposizione di tangenti estorsive a imprenditori edili, commercianti e altri operatori economici». Per raggiungere lo scopo il clan non avrebbe disdegnato il ricorso a minacce, danneggiamenti e attentati dinamitardi. Del ponte di comando, secondo la ricostruzione della Dda, avrebbero fatto parte però anche Salvatore Barbato, Jonathan Piglia e Salvatore Ambrosio, attivi soprattutto nella gestione dello smercio di droga e nell’imposizione del racket. I tre indagati, in concorso con Vincenzo Rullo, avrebbero così organizzato una serie di summit per programmare i raid, effettuando anche diversi sopralluoghi finalizzati all’individuazione delle attività da taglieggiare. Salvatore Iorio si sarebbe invece occupato prevalentemente di droga e di organizzare alcuni incontri con i clan rivali, «anche al fine di attuare ritorsioni nei loro confronti». Insomma, ci sarebbero stati tutti i presupposti per dare il via a una nuova faida di camorra a pochi chilometri da Napoli. Tra i tentativi di estorsione contestati, ce n’è uno assai inquietante: il taglieggiamento ai danni della ditta Sepem, avvenuto tra il 17 e il 21 maggio scorsi.
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