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Camorra
18 Dicembre 2024 - 09:33
_ Nei riquadri Enrico Bocchetti, Pasquale Furiano, Maurizio Errichelli, Carlo Calzone e Arturo Vastarelli
«Mò babbo ti porta a fare un’estorsione». Non c’è bisogno di spiegare la gravità della frase, sia pur pronunciata per scherzo, emersa nel corso dell’inchiesta sul clan Amato-Pagano che ieri ha portato all’esecuzione di ben 53 ordinanze di custodia cautelare. Uno degli indagati si rivolgeva così alla figlia minorenne, incontrata per strada insieme alla compagna dell’uomo. Un apprendistato criminale secondo gli inquirenti, da parte di un clan storico diventato moderno. Come dimostra l’uso di TikTok, dove si ostenta la ricchezza accumulata con attività illecita. L’indagine, condotta dalla Direzione investigativa antimafia di Napoli e coordinata dal pm Giuliano Caputo della Dda, è stata illustrata in conferenza stampa dal procuratore capo Nicola Gratteri che ricordato come «la camorra, dopo quella messicana, sia la prima mafia a farsi pubblicità attraverso i social». Ma non solo, ha sottolineato il capo della cittadella giudiziaria: «Anche un imbianchino è stato taglieggiato, su un lavoro privato di appena 3.000 euro. Chiaro è che, al di là dei soldi, c’è l’esigenza di controllare il territorio, finanche il battito cardiaco della persona taglieggiata». Il clan, dopo gli arresti dei capi storici, si era riorganizzato sotto l’egida delle sorelle Debora Amato e Monica Amato, figlie di Rosaria Pagano (che non figura tra gli indagati) e del defunto Pietro Amato. Oltre ai tradizionali traffici di droga, business principale della storica cosca con basi a Melito, Mugnao e Arzano, c’era di più. Gli inquirenti hanno ricostruito l’attività di controllo delle aste giudiziarie, l’aggressione ai bonus fiscali, il racket spiegato dai maggiorenni ai minorenni: cosa dire e quando parlare in una specie di università del crimine organizzato. Importante era taglieggiare, incutere timore e portare a casa i soldi del “pizzo”. L’indagine, condotta dal centro Dia guidato dal dirigente Claudio De Salvo con il generale Michele Carbone, ha messo sotto i riflettori i discendenti degli Amato-Pagano, in uno scenario di infiltrazione criminale fondato sul rapporto tra detenuti e affiliati liberi. Tra gli episodi più raccapriccianti quello di un padre che proponeva scherzosamente alla bimba di portarla con sé mentre compiva un’estorsione. Dopo avere contato i soldi del “pizzo” accumulato fino a quel momento, circa 3.500 euro, l’uomo decise di passare a chiederlo anche a un bar e a una concessionaria. Dopo essersi messo in movimento in sella a uno scooter, incontra la compagna e la figlioletta, alla quale disse: «Mò babbo ti porta a fare l’estorsione». Per il protagonista dell’episodio il giudice ha disposto la custodia in carcere. Nel direttorio del clan, oltre a Debora Amato, c’erano Gennaro Liguori (marito della nipote di Raffaele Amato del ’65); Enrico Bocchetti ed Emanuele Cicalese e Domenico Romano (marito di Debora Amato).
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