Cerca

per gola e per tradizione

Ostriche nel lago Fusaro: il progetto sta per realizzarsi

I pregiati molluschi erano coltivati già ai tempi di Ferdinando IV. Fabio Postiglione: «Via alle procedure di controllo delle acque»

Ostriche nel lago Fusaro: il progetto sta per realizzarsi

BACOLI. Forse manca davvero poco per tornare a mangiare le ostriche coltivate nel lago Fusaro, a Bacoli, come al tempo di Ferdinando IV di Borbone. Le foci del lago sono state disostruite per garantire all’allevamento dei pregiati molluschi un’acqua conforme agli standard sanitari previsti e a breve potrebbe partire il monitoraggio igienico-sanitario dell’ASL 2 e dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno. «C’è una procedura da attivare per dare il via ai controlli - dice al ROMA Fabio Postiglione, presidente di Mytilus Campaniae, che riunisce i produttori di mitili e molluschi il lago è in zona SIC (sito di interesse comunitario, ndr) e questo rende necessaria anche l’autorizzazione dell’ Ente Parco dei Campi Flegrei».

Un’impresa che già coltiva cozze nel Fusaro ha ottenuto l’estensione alla coltivazione delle ostriche. La qualità del prodotto a cui si punta è elevata. Attualmente, un chilo di questi molluschi viene venduto a un prezzo tra i 10 e 30-35 euro. «Puntiamo alla fascia alta del mercato - dice Postiglione – guardando alla storia dell’ostricoltura del Fusaro». Nel 1762 Ferdinando IV riprese la coltivazione, che i romani avevano appreso dai greci, con ostriche provenienti da Taranto. Il successo fu straordinario e nel 1852 Napoleone III inviò in missione a Bacoli il famoso naturalista Jean Jacques Victor Coste per studiare la qualità di quei molluschi che superavano quelli della Bretagna.

Il celebre manuale di cucina di Ippolito Cavalcanti, uscito nel 1839, comprendeva una raffinata ricetta per le ostriche del Fusaro e i viaggiatori del Grand Tour venivano ad assaggiarle in un ristorante di lusso che funzionava nella Casina Vanvitelliana. A rilanciare le ostriche del Fusaro lavorano anche i venditori, riuniti nell’AIOST di Daniele Testa e Alessio Cutino, che hanno formato i primi ostricari professionali in Italia, un personale specializzato che dovrà orientare  il pubblico sul consumo di questi frutti di mare. I diplomi sono stati consegnati il 12 dicembre in un convegno coordinato dalla giornalista Brunella Cimadomo.

È prevista anche una “Guida perlata” (le perle delle ostriche al posto delle stelle) per i migliori locali. “Il potenziale del mercato in Campania è enorme”, dice il presidente di Mytilus Campaniae. Per il segretario generale di Assoittica, Giuseppe Palma, «ci sono tutti i presupposti per un decollo dell’acquacoltura. Le ostriche del lago Fusaro e del lago Lucrino erano note fuori dai nostri confini, soprattutto in Spagna e Francia. L’ Italia importa attualmente oltre l’85% delle ostriche consumate, ma quelle del Fusaro potrebbero essere tranquillamente esportate perchè i loro requisiti qualitativi sono elevatissimi».   

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori