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Tegola per il boss flegreo, ritorna l’accusa di omicidio

Caso aperto dopo 25 anni, il ras e Luigi Bitonto tornano davanti al Riesame

Tegola per il boss flegreo, ritorna l’accusa di omicidio

Nei riquadri il boss flegreo Massimiliano Esposito, alias “’o scognato”, e il coindagato Luigi Bitonto

NAPOLI. Le amare festività di Massimiliano Esposito “’o scognato” potrebbero essere tutt’altro che concluse. Dopo l’arresto per associazione mafiosa e quello scattato venerdì pomeriggio per una tentata estorsione a un ormeggiatore di Nisida, il boss di Bagnoli rischia di finire nuovamente sotto processo per l’omicidio di Antonio Ivone, trucidato nell’agosto del 2000 al rione Traiano.

Dopo la favorevole decisione del tribunale del Riesame, che alcuni mesi fa aveva annullato la relativa ordinanza di custodia cautelare che lo aveva raggiunto insieme a Luigi Bitonto “provolino”, il ras flegreo ha ricevuto una pessima notizia da parte della Cassazione.

La Suprema Corte pochi giorni fa ha infatti accolto il ricorso della procura e disposto una nuova valutazione da parte dei giudici del Riesame. Saranno dunque settimane di intenso lavoro per i difensori del boss, gli avvocati Rocco Maria Spina e Claudio Davino, che intanto lunedì mattina accompagneranno il proprio assistito davanti al gip per l’interrogatorio di garanzia.

Resta da capire se “’o scognato” preferirà avvalersi della facoltà di non rispondere o se invece proverà a respingere l’accusa di aver preteso una tangente da un ormeggiatore di Nisida: una mazzetta scaturita, secondo la ricostruzione dei pm, dalla precedente permuta di un gommone.

Tornando invece all’efferato fatto di sangue, la svolta nelle indagini, condotte dai poliziotti della sezione “Criminalità organizzata” della Squadra mobile, si è avuta con le dichiarazioni di Marco Conte, secondo il quale i responsabili dell’omicidio furono in sei: «Io, Massimiliano Esposito, Luigi Bitonto, Massimiliano De Franco (poi deceduto), Pietro Esposito detto “Pierino” (poi deceduto) e Raffaele Giogli».

Anche quest’ultimo, per un periodo collaboratore di giustizia, ha reso dichiarazioni etero e autoaccusatorie. «Ho partecipato - ha messo a verbale Conte - all’omicidio di Antonio Ivone, ammazzato perché Massimiliano Esposito voleva impadronirsi da un punto di vista camorristico di tutta la zona flegrea e pertanto cercava di eliminare i possibili avversari. Ivone era parente di tale “figlio di Papele” e una sorellastra di Ivone era fidanzata con Rodolfo Zinco, nostro avversario in quanto esponente del clan Rossi».

I sei cercarono di rintracciare inutilmente Zinco. Girando tra Fuorigrotta, Bagnoli e il rione Traiano, individuarono Ivone su una sedia davanti a un chiosco di via Tertulliano.

«Massimiliano prese la decisione di uccidere Ivone. Poi si allontanò mentre Luigi Bitonto ci fece segno di avvicinarci. Si rivolse a Giogli e a Piretro Esposito e indicò loro la persona da eliminare, dicendo che era seduta sulla prima sedia con le gambe accavallate. Bitonto poi si rivolse a me, dicendomi di tenermi a pronto a coprire gli esecutori materiali dell’omicidio e a favorire la loro fuga. Il primo a sparare fu Esposito, poi Giogli al quale si inceppò la pistola. Un parente di Ivone accorse e Giogli fece fuoco contro di lui senza colpirlo».

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