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Camorra

«Le vincite del Superenalotto per riciclare il denaro “sporco”»

Il pentito: «Sborsano più di un milione di euro per un biglietto vincente»

«Le vincite del Superenalotto per riciclare il denaro “sporco”»

Cesare Pagano e Salvatore Roselli

NAPOLI. “Il clan, per giustificare le proprie entrate, cercava di acquistare le ricevute delle vincite di giochi legali, tipo Superenalotto e altri, per poi incassare il premio in maniera legale. “Una volta, Cesare Pagano (nella foto a sinistra) offrì 100mila euro, oltre all’equivalente della vincita che ammontava a un milione di euro, a una donna che aveva vinto al Superenalotto, ma la signora negò di avere vinto e non volle cedere il biglietto”.

È stato il pentito Salvatore Roselli (nella foto a destra), detto “Frizione”, a rivelare l’originale metodo di riciclaggio del danaro sporco utilizzato dal clan Amato-Pagano, in possesso di notevolissimo liquido derivante dai traffici illeciti e in particolare dagli introiti sul commercio di sostanze stupefacente: partendo dall’import dall’estero e in particolare dalla Colombia e dalla Spagna. Con la premessa che le persone citate devono essere ritenute estranee ai fatti narrati fino a prova contraria, ecco alcuni passaggi delle dichiarazioni di un altro collaboratore di giustizia rese ai pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia.

Nel corso dell’interrogatorio del 26 gennaio scorso Errico D’Ambrosio (nel nella foto a destra) ha affermato di aver conosciuto esponenti del gruppo Della Monica, definito il “gruppo Dubai” avendo come fornitori esclusivi Raffaele Imperiale e Bruno Carbone”. Secondo il pentito, il re dei narcos internazionali aveva creato un rapporto stabile con il clan Amato-Pagano e quindi “in caso di problemi, recupero crediti o contrasti, i suoi clienti potevano rivolgersi direttamente ad Antonio Pompilio detto “o’ cafone”. Ho assistito quando i predetti si erano rivolti a Pompilio per questioni di lavoro”.

Errico D’Ambrosio, come lui stesso ha riferito agli inquirenti, si recava all’estero previo accordi con Pompilio per concludere affari di una certa importanza. Infatti il collaboratore di giustizia ha rivelato che “o’ cafone”, diventato il reggente del clan dopo l’arresto di Marco Liguori, aveva dei canali di approvvigionamento della droga in Spagna e in particolare a Malaga, dove D’Ambrosio si recò a trattare con un cerro “Ciak”, un arabo legato a Pompilio, una partita di cocaina boliviana di 45 chili.

“Il mio compito”, ha messo a verbale il pentito, era di controllare la qualità della merce. Se il controllo era positivo, installavo il gps nel carico occupandomi personalmente del trasporto”.

Del clan Amato-Pagano nel corso degli anni ha parlato un esercito di collaboratori di giustizia, circa 40 tra cui Antonio Accurso, Giuseppe Ambra, Gaetano Annunziata, Paolo Caiazza, Pasquale Cristiano, Biagio Esposito, Carmine Esposito, Rosario Guarino, Giovanni Iliano, Vincenzo Iuorio, Giovanni Marino, Mauro Marino, Armando Morra, Raffaele Notturno, Mario Pacciarelli, Emmanuele Palmieri, Emanuele Pancia, Pasquale Paolo, Luigi Rignante, Fabio Vitagliano.

Ma le dichiarazioni più importanti, ai fini dell’inchiesta, sono quelle degli ultimi a passare dalla parte dello Stato. Errico D’Ambrosio, per esempio, l’8 febbraio scorso ha parlato della piattaforma “Matrix” dopo aver raccontato al pm antimafia che dopo essere stato scarcerato per questioni economiche si era limitato a fare da intermediario per l’acquisto di partite di stupefacente, concludendo affari per il gruppo Bartiromo.

Il collaboratore di giustizia, prendendo visione di una chat mostratagli dagli inquirenti, ha riconosciuto ilo nickname di Antonio Pompilio, “Flauto”. “Ho mantenuto contatti con le chat presenti su “Matrix”, cui partecipavano esponenti del gruppo AmatoPagano tra cui Antonio Marrone (“Prince”, “Cicciotto” (“Careca), Errichelli (“Le mans”) e “Benzemà”.

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