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L'emergenza
08 Gennaio 2025 - 08:59
NAPOLI. Ennesima aggressione l’altra sera all'ospedale San Paolo di Fuorgrotta ai danni di un'infermiera. Erano le 23.30 circa - riferisce Nessuno tocchi Ippocrate - quando al pronto soccorso dell'ospedale flegreo, accompagnato dal 118, si è presentato un paziente in stato di agitazione dopo aver assunto sostanze stupefacenti.
Al seguito sono giunti i parenti i quali, pensando che l'infermiera di triage stesse filmando la scena con il telefonino, hanno cominciato a minacciarla di morte rompendo tutto quello che avevano a portata di mano. A quel punto sono stati allertati i carabinieri, i quali hanno identificato i responsabili e hanno constatato che l'infermiera non stava filmando nulla e che nella memoria del suo cellulare non c'era alcun video.
Per le strutture ricadenti nell'Asl Napoli 1 Centro, si tratta della quarta aggressione in sei giorni. Ritmi impressionanti - si fa notare - e mai registrati dalla nostra associazione. Il bollettino del nuovo anno segna i primi casi di violenze. Una delle ultime ai danni di medici si è verificata a Catania, ma nel 2025 il bollettino delle violenze contro gli operatori della sanità si è già aperto. Episodi sono stati registrati a Roma e Napoli.
«Nel 2024 le violenze fisiche e psicologiche, in Italia, contro medici e infermieri e altri professionisti sanitari, sono aumentate del 33%. In Europa l'aumento è stato del 32%, nel mondo il picco è stato del 39%, in particolar modo nei paesi economicamente più deboli, dove non esiste un sistema sanitario adeguatamente organizzato, e ancor di più nei luoghi dei conflitti di guerra». Lo sottolinea Foad Aodi, presidente di Amsi (Associazione medici di origine straniera in Italia), Umem (Unione Medica Euromediterranea) e Movimento Internazionale Uniti per Unire.
«È sempre più allarme aggressioni contro medici e infermieri. Il 2025 è iniziato in modo drammatico. Violenza intollerabile, urgono interventi immediati per salvaguardare la sicurezza dei professionisti sanitari, non bastano solo la solidarietà e le dichiarazioni sterili, ognuno deve fare bene il suo ruolo fino in fondo - prosegue Aodi - Serve un piano straordinario per ripristinare la fiducia tra cittadini e operatori sanitari, garantendo la sicurezza di chi è in prima linea per la salute pubblica». Le cronache recenti raccontano un'escalation preoccupante.
«A Napoli, in due ospedali distinti, un'infermiera è stata colpita con un calcio al petto e una dottoressa è stata aggredita da una parente di un paziente. Nel Lazio, al Pertini di Roma, una donna ha preso a calci e pugni il personale sanitario. Episodi come questi non sono casi isolati», ricorda Aodi.
«La carenza di personale, le lunghe attese e la pressione sugli ospedali creano un terreno fertile. La carenza di personale, le lunghe attese e la pressione sugli ospedali creano un terreno fertile per la tensione e la violenza - spiega Aodi - Ma è anche una questione di percezione: il rapporto di fiducia tra i cittadini e il sistema sanitario si è indebolito, e questo si riflette in comportamenti aggressivi che non possiamo accettare».
Le proposte di Amsi e Uniti per Unire partono da posti di polizia maggiormente radicati presso i pronto soccorso e area di emergenza; rafforzare l'immagine dei professionisti sanitari attraverso campagne di comunicazione che valorizzino il loro ruolo cruciale per la società; investire nella sanità territoriale per ridurre il carico dei pronto soccorsi, potenziando i servizi di assistenza primaria e le strutture intermedie; aumentare il personale sanitario, assumendo nuovi medici, infermieri e specializzandi, e migliorando le condizioni lavorative; formare il personale e i cittadini alla prevenzione e al dialogo, attraverso percorsi di sensibilizzazione e mediatori culturali dove necessario; rendere più sicure le strutture sanitarie, con sistemi di sorveglianza adeguati e procedure che prevengano situazioni di rischio.
«Non possiamo lasciare soli i nostri operatori sanitari - conclude Aodi - La sicurezza di chi si dedica alla salute pubblica non può essere una variabile trascurata. Gli episodi di Napoli e Roma sono solo la punta dell'iceberg di una situazione che richiede interventi a livello organizzativo, legislativo e culturale».
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