Cerca

Ponticelli

Un doppio movente dietro l’omicidio di Enrico Capozzi

L’assassino è fuggito su uno scooter con cui aveva seguito la vittima che stava rincasando. Le similitudini con il delitto di Emanuele Pietro Montefusco

Un doppio movente dietro l’omicidio di Enrico Capozzi

Enrico Capozzi ed Emanuele Pietro Montefusco

NAPOLI. Enrico Capozzi, pur se imparentato con i Sarno, non aveva mai partecipato alla vita della cosca di Ponticelli e lavorava onestamente gestendo una pompa di benzina. Poi avvenne l’episodio che forse ha segnato la sua breve vita: un anno e mezzo fa un giovane ras emergente dei De Micco, a nome del clan, gli avrebbe chiesto il “pizzo” e lui rifiutò.

Successivamente il distributore fu distrutto e l’allora 34enne dovette chiudere l’attività. Le indagini sull’omicidio di Enrico Capozzi, condotte dai poliziotti della sezione “Criminalità organizzata” della Squadra mobile della questura di Napoli con il coordinamento della Dda, vanno avanti intensamente e seguirebbero in particolare la pista di una vendetta del gruppo De Micco.

Ma non solo per quella vicenda, forse, ma anche perché nel quartiere girano voci circa una possibile riorganizzazione a breve del clan Sarno da parte di qualche vecchio ras. Così, secondo questa tesi, la potente cosca dei “Bodo” (alleata dei Mazzarella e quindi anche per questo più forte) avrebbe lanciato un messaggio chiaro con una vendetta trasversale. Come avvenne con l’agguato mortale a Emanuele Pietro Montefusco, fratello incensurato di Salvatore “Zamberletto”.

Sul piano della dinamica, gli investigatori sono alla ricerca di immagini di telecamere che riprendano l’assassino in fuga su uno scooter, ma finora non ne sono emerse. Enrico Capozzi è stato sorpreso da quest’ultimo, che evidentemente lo stava seguendo, mentre parcheggiava l’autovettura di fronte alla palazzina in cui abitava. Il tempo di chiuderla con la chiave che il sicario ha aperto il fuoco premendo cinque volte il grilletto di una pistola.

Inutile si è rivelata la corsa in ambulanza all’Ospedale del Mare, dove una moltitudine di familiari e amici si è precipitata affollando il pronto soccorso ma senza provocare alcun incidente. Proprio dai parenti della vittima in queste ore è giunta la richiesta di non vietare i funerali per motivi d’ordine pubblico, basata sul fatto che effettivamente Enrico Capozzi non era legato a nessun clan. La Questura sta valutando e la decisione sarà presa al più presto, ovviamente prima che la salma sia liberata una volta effettuata l’autopsia.

Enrico Capozzi, classe ’88, figlio di una cugina dei Sarno, dopo la morte improvvisa della moglie l’estate scorsa, usciva raramente e non era un bersaglio facile. Tant’è vero che il sicario ha agito sorprendendolo all’altezza del civico 32 di via Aldo Merola, di fronte alla palazzina in cui abitava, nel rione delle case nuove assegnate.

In quel momento era solo e stava tornando a casa trovandosi a un centinaio di metri, almeno così emergerebbe dalle prime testimonianze, e inutile si è rivelata la corsa all’ospedale. Due colpi, uno alla schiena e l’altro a un fianco, lo hanno condannato a morte nonostante gli sforzi dei medici del pronto soccorso. Intorno alle 20 e 15 il 36enne stava uscendo dalla macchina quando l’assassino è comparso, sparandogli da mezzo metro. Lui si è girato, ma era troppo tardi per tentare la fuga.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori