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Camorra
15 Gennaio 2025 - 09:12
Nei riquadri gli indagati Luigi Aulisio, Nicola Aulisio e Giuseppe Righetto detto “’o blob”
I termini di custodia cautelare sono scaduti e i ras del clan Casella di Ponticelli tornano, anche se solo formalmente, a piede libero. Il giudice per le indagini preliminari Marcello De Chiara ieri mattina ha dichiarato l’inefficacia dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Luigi Aulisio, il figlio Nicola Aulisio, Domenico Gianniello e Giuseppe Righetto: tutti e quattro erano nuovamente finiti in manette alla fine di novembre scorso con l’accusa di aver partecipato a un colossale giro di estorsioni ai danni di imprenditori, pusher, ladri d’auto e affiliati ribelli. I loro difensori, rilevando la cosiddetta “contestazione a catena”, hanno sostenuto e dimostrato che gli elementi di indagine erano già nella disponibilità del pubblico ministero all’epoca dell’emissione della prima maxi-ordinanza per associazione mafiosa che, il 19 novembre 2022, aveva decapitato il clan De Luca Bossa-MinichiniCasella. Nonostante ciò, la Dda avrebbe comunque chiesto e ottenuto, due anni più tardi, l’emissione di ulteriore provvedimento restrittivo. Il collegio difensivo ha quindi osservato che i termini di custodia cautelare della seconda misura dovevano essere retrodatati al giorno dell’emissione della prima ordinanza. Essendo ormai stato superato il termine dei dodici mesi, il gip De Chiara ha quindi dichiarato l’inefficacia del provvedimento eseguito pochi mesi fa. Determinanti si sono dunque rivelate le argomentazioni degli avvocati Leopoldo Perone, difensore di tutti gli indagati, Domenico Dello Iacono, codifensore degli Aulisio, e Fabio Quintaluce, codifensore di Righetto. I quattro presunti esponenti del clan di via Franciosa restano comunque ancora detenuti in ragione del primo provvedimento, un’indagine dalla quale sono già scaturite anche condanne severe nel processo di primo grado. L’ultima indagine aveva rivelato inquietanti spaccati di criminalità organizzata. Alquanto singolare quanto accaduto tra settembre e ottobre 2020, quando Roberto Boccardi e Pasquale Ronza “Calimero”, presentandosi come esponenti del clan De Luca Bossa, avrebbero avvicinato Ciro Bisogni e dopo averlo convocato a Ponticelli gli avrebbero «intimato di richiedere ai titolari dell’impianto polivalente “G. Piccolo-Caravita” la somma di 50mila euro a titolo di tangente e, in caso di rifiuto, di pagare di tasca propria la somma di 10mila euro». Alla vittima Ronza contestava «di non aver fatto loro sapere nulla dell’estorsione al campo sportivo di Cercola». Ogni azione criminale doveva quindi passare sotto il controllo dei De Luca Bossa ed essere adeguatamente “tassata”. Sotto tiro sarebbero finiti anche gli spacciatori, come Salvatore Capasso, che tra luglio e dicembre 2020 era stato più volte minacciato dal ras Salvatore De Martino e dal suo fedelissimo, oggi pentito, Rosario Rolletta: i due avrebbero infatti preteso una tangente di 100 euro a settimana. I De Luca Bossa avrebbero poi chiesto tangenti anche ad alcuni noti ladri d’auto, come Mario e Rosario Quarto.
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